La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da alcuni poliziotti che erano stati condannati per l’irruzione alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001. «Alla luce di tutte le prove di cui dispone – si legge nella sentenza -, la Corte ritiene che i fatti presentati non rivelino alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Convenzione o nei suoi Protocolli». Ne consegue che le «accuse» mosse dai ricorrenti «sono manifestamente infondate» e il ricorso è «irricevibile».
[sc name=”pubblicit” ][/sc]Non è ammissibile il ricorso presentato da Massimo Nucera, l’agente scelto del Nucleo speciale del VII Reparto Mobile di Roma che dichiarò di aver ricevuto una coltellata durante l’irruzione nella scuola Diaz, e Maurizio Panzieri, l’ex Ispettore capo dello stesso Nucleo speciale che siglò il verbale su quello che i giudici ritennero fosse un finto accoltellamento. Entrambi sono stati condannati a 3 anni e 5 mesi di cui tre condonati. Inammissibili anche i ricorsi presentati da Angelo Cenni, uno dei sette capisquadra del VII Nucleo del Reparto Mobile di Roma e da due suoi colleghi, capisquadra anch’essi. Nel ricorso presentato dal legale di Nucera a Panzieri si sottolinea che «l’esame condotto dalla Cassazione non è stato effettivo ed equo, poiché la stessa non ha realmente preso in considerazione, confutandole, le ragioni di doglianza esposte dai ricorrenti».
Per Nucera e Panzieri la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto che «nella misura in cui il ricorrente denuncia la valutazione delle prove e l’interpretazione del diritto da parte delle giurisdizioni interne e contesta l’esito della procedura, il ricorso fa fronte ad una “quarta istanza”. Il ricorrente ha potuto presentare le sue ragioni in tribunale alle quali è stata data risposta con decisioni che non sembrano essere arbitrarie o manifestamente irragionevoli, e non ci sono prove che suggeriscano il fatto che il procedimento è stato ingiusto. Ne consegue che queste accuse sono manifestamente infondate e quindi ha dichiarato il ricorso irricevibile». Per il caposquadra Cenni e i suoi due colleghi, la Corte Cedu «ritiene che i fatti presentati non rivelino alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Convenzione o nei suoi protocolli».