Il governo ha approvato il decreto Caivano che prevede misure contro la criminalità minorile, un vero e proprio fardello per gli agenti di polizia.
“In zone come Caivano a Napoli – ma lo stesso si potrebbe dire di Quarto Oggiaro a Milano o di Tor Bella Monaca a Roma, quartieri cresciuti in maniera disordinata e repentina negli ultimi anni – si vive in una condizione di emarginazione sociale in cui la criminalità organizzata ha trovato terreno fertile per agire e proliferare”, spiega Domenico Pianese, segretario generale del Coisp. In questi quartieri-ghetto, infatti, sono nate le famose piazze di spaccio.
“È qui che la criminalità organizzata recluta i propri alfieri – per lo più minorenni, che non sono punibili a livello penale o che comunque vengono puniti con sanzioni molto ridotte – per il trasporto e la vendita di droga”, aggiunge Pianese preoccupato per la “situazione di degrado e di disagio sociale che noi denunciamo da anni”.
Secondo Andrea Cecchini di Italia Celere “i blitz di questi giorni dimostrano che c’è un’attenzione particolare da parte delle questure e del governo verso la criminalità, ma esiste un problema di certezza della pena. “Oggi – spiega il sindacalista – c’è una sproporzione tra i giovani che commettono reati gravissimi e l’applicazione della pena e, quindi, passa il messaggio che chiunque può fare quello che vuole”. Anche Felice Romano del Siulp mette in evidenza la difficoltà di contrastare la criminalità diffusa “perché, purtroppo, da parte di chi delinque è maturata la totale certezza di impunità”. Ma non solo.
Forze dell’ordine: “Servono pene certe”
“La riforma Cartabia ha scaricato sul singolo cittadini quel che doveva essere un onere dello Stato. Se noi oggi – spiega Romano – troviamo una banda che vuol fare un furto in un negozio, per poterli arrestare abbiamo bisogno che il proprietario di quell’esercizio commerciale faccia la querela”. In realtà come Napoli, i cittadini sanno già che un minore che delinque nel giro di tre ore è di nuovo a casa e, quindi, in pochi sporgono querela.
“Anche quando i minori sono punibili c’è tutto un percorso con la giustizia minorile che non prevede provvedimenti coercitivi o di limitazione della libertà personale come per i maggiorenni o gli adulti”, sottolinea il segretario del Siulp, fermamente convinto che il problema della criminalità minorile non si risolva con la sola repressione “ma servono l’educazione alla legalità e prospettive lavorative per i giovani”.
Che la sfida sia di tipo culturale è opinione comune tra le forze di polizia. “È importante lavorare per creare spazi culturali – palestre, biblioteche, spazi di aggregazione – per migliorare i servizi di assistenza o sanzionando i genitori che non si assicurando di mandare a scuola i propri figli”, osserva Pianese.
“Noi agenti di polizia, con i giovani, abbiamo il dovere morale di svolgere una funzione paterna. Oggi, tra i giovani manca completamente il senso civico e su questo le famiglie e le istituzioni devono intervenire”, sentenzia Cecchini. fonte: ilgiornale.it