Nel 2021, fino a ora, si contano 49 suicidi tra le Forze dell’Ordine. Fino al momento in cui questo pezzo viene scritto. Il dato è riportato dall’Osservatorio suicidi in divisa (Osd). In media ogni sei giorni un appartenente alla categoria si uccide.
Il triste primato appartiene ai Carabinieri che contano 21 morti quest’anno.L’incidenza sarebbe di 10,5 suicidi ogni 100mila appartenenti alle Forze Armate e di Polizia. Un dato elevatissimo se si considera che l’ultimo annuario statistico dell’Istat del 2020 – che contiene dati relativi al 2017 – conta 3940 suicidi tra la popolazione, quindi 6,5 ogni 100mila abitanti. Queste morti in divisa, però, sembrano essere avvolte da veli di silenzio e omertà. Figlie di sistemi troppo rigidi e obsoleti.
Negli ultimi anni il fenomeno è uscito dalla sua nicchia fatta di psicologi e sindacati militari quando le tragedie hanno assunto contorni inusuali o hanno coinvolto altre persone, come nel caso di un femminicidio, o quando sono stati particolarmente drammatici.
Ma spenti i riflettori, i suicidi in divisa tornano a popolare convegni, blog, saggi, webinar, osservatori istituzionali, tavoli tecnici per addetti ai lavori e soprattutto a sconvolgere il solo privato di chi vive queste esperienze e di chi la divisa la vive ogni giorno. Il motivo è anche la stessa percezione che i cittadini hanno della divisa: “Chi la indossa non deve avere debolezze”. E a volte, certe derive di questo assunto: “Chi la indossa è un ‘nemico’”.
Il “vietato avere debolezze” è una realtà dentro la caserma e il comando: se un agente o un militare ha bisogno di sostegno psicologico, è “pazzo”. È il nodo, culturale e strutturale, di cui si discute da tempo ai tavoli tecnici di Polizia e Interforze ma anche nei sindacati.Burnout, stress correlato, ma anche mancanza di mezzi, strutture inidonee, carichi di lavoro superiori dovuti alla mancanza di organico, stipendi inadeguati, scarsa collaborazione tra colleghi o situazioni di mobbing e tutte le derive della gerarchizzazione di un ambiente come quello militare si possono sommare a dimensioni private che, come spesso accade nella vita, possono essere estremamente problematiche.
Il suicidio non è arginabile, nessuno è in grado di fermarlo: ha a che fare con sfere intime e dimensioni esistenziali su cui nessuno può intervenire. Si può intervenire invece nella dimensione lavorativa di chi indossa la divisa attraverso una “prevenzione” a tre livelli: abbattimento del “tabù” del sostegno psicologico per trasformarlo da “stigma” a routine, potenziare la formazione, eliminare pericolose derive della gerarchizzazione specie in ambito militare.