Forze Armate: anche il personale volontario (Vfp1 e Vfp4) ha diritto all’assegnazione temporanea. Sentenza storica del Consiglio di Stato

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Cambiano le regole sui trasferimenti per le Forze Armate dopo che il Consiglio di Stato ha dato ragione all’Aspmi (Associazione sindacale professionisti militari) in merito alla corretta interpretazione da dare all’articolo 42 bis del d.lgs n. 151 del 2001.

Tale articolo, infatti, riconosce al dipendente pubblico, genitore con figli minori fino a 3 anni di età, la possibilità di richiedere – anche in modo frazionato per un periodo che complessivamente non può superare i 3 anni – l’assegnazione a una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione in cui l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, ma “previa la sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva” e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione.

L’amministrazione può quindi rifiutarsi, ma il dissenso deve essere motivato.

A tal proposito, era consuetudine nelle Forze Armate riconoscere il diritto al trasferimento con assegnazione provvisoria solamente al personale assunto a tempo indeterminato, escludendo i militari in ferma volontaria (Vfp1 e Vfp4).

Tuttavia, la caparbietà del sindacato Aspmi – che nonostante una prima sentenza negativa da parte del Tar del Lazio ha deciso comunque di ricorrere al Consiglio di Stato – ha stravolto le regole, facendo riconoscere una maggior tutela anche ai militari in ferma volontaria e – soprattutto – alle loro famiglie.

Forze Armate: Il diritto di ogni dipendente pubblico di poter stare con i figli

Come anticipato, il contenzioso nasce dal fatto che le singole amministrazioni delle Forze Armate per anni hanno negato il diritto all’assegnazione temporanea ai militari in ferma volontaria, tanto annuale quanto quadriennale.

Il tutto senza rispettare quanto chiaramente stabilito dalla Corte di Giustizia europea in molte delle sue sentenze (ad esempio in quella con cui è stato riconosciuto il diritto alla Carta del docente anche agli insegnanti precari), ossia che sulla base di quanto stabilito dall’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE non possono esserci disparità di trattamento tra il personale assunto a tempo indeterminato e quello con contratto a termine.

Lo stesso vale, a maggior ragione perché si tratta di una tutela in capo ai figli e non al lavoratore, per l’articolo 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nella parte che stabilisce che “ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”.

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Ed è proprio su questo principio che si basa uno strumento come l’assegnazione temporanea che permette a ogni dipendente pubblico di avvicinarsi – seppur provvisoriamente – alla famiglia laddove abbia dei figli di età inferiore ai 3 anni.

Perché allora per tutti questi anni le amministrazioni della Difesa hanno escluso il personale volontario da tale possibilità? Una domanda a cui probabilmente non avremo mai risposta, ma quel che è certo è che d’ora in avanti non sarà più così.

Forze Armate: la sentenza del Consiglio di Stato ribalta tutto

Il sindacato Aspmi, affiancato dall’avvocato Maria Immacolata Amoroso, ha assistito un militare – volontario in ferma quadriennale – nel ricorso presentato per la tutela del proprio diritto a godere comunque dell’assegnazione provvisoria anche se assunto con contratto a tempo determinato.

Un contenzioso che non è partito con il piede giusto visto che c’è stato il rigetto da parte del Tar del Lazio che si è schierato in favore dell’interpretazione data dall’amministrazione. Tuttavia, la sentenza è stata poi ribaltata dal Consiglio di Stato che ha condiviso le argomentazioni dell’appellante e ha condannato la disparità di trattamento, stabilendo così che d’ora in avanti anche Vfp1 e Vfp4 avranno diritto allo strumento dell’assegnazione provvisoria, al pari degli altri colleghi. Anche perché in questo caso specifico bisogna tutelare l’interesse del minore e non esistono ragioni oggettive che possono ostacolare un tale diritto.

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