Secondo l’accusa il tenente colonello e gli indagati avrebbero emesso attestazioni fasulle di accertamento dei requisiti psicofisici per il rilascio o il rinnovo di patenti di guida.
Il “medico accertatore” ne avrebbe conseguito un “enorme profitto”L’accusa è di falso in atto pubblico in concorso, accesso abusivo a sistema informatico, detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a servizi informatici.
Sono stati così disposti i domiciliari per un tenente colonnello medico dell’Aeronautica militare ed una sua collaboratrice, sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bari. Disposti anche l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per 7 indagati e il divieto di esercitare la professione per dodici mesi per 4. Secondo l’accusa i reati sarebbero stati commessi in Puglia e Veneto.
Tra i 13 indagati nell’inchiesta in cui è coinvolto l’ufficiale dell’Aeronautica, raggiunti dall’ordinanza del gip del Tribunale di Bari ci sono titolari di autoscuole e di agenzia di pratiche automobilistiche. Secondo l’accusa gli indagati avrebbero emesso falsi certificati medici attestanti l’accertamento dei requisiti psicofisici per il rilascio o il rinnovo di patenti di guida.Secondo le ricostruzioni gli indagati hanno utilizzato varie modalità per produrre le false attestazioni, tra cui la completa omissione delle visite mediche, oppure l’effettuazione degli accertamenti clinici dalla collaboratrice o dai titolari delle autoscuole e agenzie in accordo con l’ufficiale medico.
Ma gli inquirenti hanno accertato anche la cessione a terzi delle credenziali di accesso al sistema informatico del Dipartimento trasporti terrestri del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Il “medico accertatore”, omettendo di effettuare la visita medica oppure delegandola alla propria collaboratrice o al titolare della scuola guida, aveva la possibilità, secondo l’accusa, di incrementare in maniera esponenziale il numero dei certificati emessi, ognuno rilasciato per un corrispettivo di circa 25 o 30 euro, conseguendo in tal modo un “enorme profitto”.
I titolari delle agenzie, invece, sarebbero riusciti a monopolizzare il mercato nei territori dove svolgono la loro attività, perché ritiene l’accusa, c’era “la sicurezza del buon esito e le tariffe concorrenziali in virtù della mancata effettuazione della visita medica”, ma anche per la circostanza che garantivano “questa prestazione a tutti quei soggetti che altrove non avrebbero mai potuto vedere rinnovata la patente di guida, non essendo in possesso dei requisiti minimi previsti”.