Battute di ricerche nelle zone più impervie del Gargano, spesso utilizzate come rifugio dai latitanti; ma anche perquisizioni, posti di blocco e indagini concentrate su personaggi vicini al boss: così una vasta della provincia di Foggia viene passata al setaccio da polizia e carabinieri nell’ambito delle ricerche di Marco Raduano, il boss della mafia di Vieste evaso il pomeriggio del 24 febbraio dal carcere di massima sicurezza “Badu e Carrus” di Nuoro. Oltre che in Sardegna, gli accertamenti vengono infatti concentrati sul Gargano, la roccaforte del boss, il territorio dove Raduano può contare su una fitta rete di fiancheggiatori in grado di assicurare la sua latitanza. Anche con aiuti economici. In azione anche i “Cacciatori di Puglia” reparto specializzato dei carabinieri utilizzato in passato per le ricerche di rifugi e arsenali riconducibili alla criminalità organizzata foggiana.
Il vertice a Nuoro
A Nuoro il 27 febbraio si è svolto un vertice in prefettura durante il quale è stata ribadita la volontà di proseguire senza sosta con le ricerche. Alla riunione del comitato erano presenti il questore di Nuoro Alfonso Polverino, il comandante provinciale dei carabinieri Elvio Sabino Labagnara, l’ufficiale della guardia di Finanza Roberto Zangrì e il sindaco del capoluogo barbaricino Andrea Soddu. «È emersa – dice il prefetto Giancarlo Dionisi – la necessità di rafforzare ulteriormente il controllo del territorio.
Quindi la presenza attiva e costante di tutte le forze di polizia per controllare le nostre strade e le nostre arterie. Non si lascia intentata nessuna pista – prosegue il prefetto – e si cerca di lavorare sia in città che nelle zone limitrofe, perché è plausibile che il detenuto evaso possa essere rimasto in zona: è vero che sono passate quasi due ore dal momento della fuga all’allarme, ma lui non poteva sapere del ritardo, per cui potrebbe aver evitato di mettersi in strada. Non escludiamo nemmeno che possa essersi allontanato e anche su questo si lavora con le forze di polizia dell’intera Sardegna. L’inchiesta della Procura è riservata – ribadisce Dionisi -.
Si sa che c’è stata un’ispezione interna disposta dal ministero attraverso il Dap e il Provveditorato dislocato in Sardegna: sono stati interrogati gli agenti penitenziari in servizio quel giorno fino al comandante della polizia penitenziaria di Badu ‘e Carros. Probabilmente si stanno raccogliendo gli elementi necessari prima che qualcuno venga sottoposto a indagine».
Il ministero
A proposito dell’inchiesta del ministro, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, parlando ai microfoni di Telenorba invita alla cautela ma dice senza mezzi termini che, una volta ottenute «le prime risposte dal provveditore» saranno tratte le conclusioni e «saranno anche assunti i primi provvedimenti». Sisto definisce «inquietante» quanto accaduto e spiega che «una fuga di questo genere è preparata con attenzione». «Non si fugge da soli, mi sembra evidente», ribadisce il viceministro. Il quale non esclude che la fuga possa essere stata anche facilitata dalla «scarsezza delle risorse e, quindi, del personale rispetto al sistema dei controlli».
«Un difetto di controllo e, quindi – spiega -, un atteggiamento colposo di chi doveva controllare, in ultima analisi situazioni non proprio di inconsapevolezza rispetto all’episodio. Non possiamo evidentemente trascurare – conclude – l’ipotesi che ci siano state adesioni rispetto a questa rocambolesca e inquietante fuga».
Pericoloso ma libero di muoversi
Raduano nel carcere di Nuoro era classificato come AS» («Alta Sicurezza»), ma lavorava nella biblioteca dell’istituto e poteva muoversi da solo perché, a dire di alcuni, non ci sarebbe stato alcun poliziotto a disposizione che potesse seguirlo. Inoltre la biblioteca del carcere si trova a poca distanza dal muro di cinta del carcere. Cosi come sembra che quel giorno, sempre per mancanza di agenti di polizia penitenziaria, non ci fosse alcun poliziotto in servizio nella sala regia dove si trovano le telecamere del carcere, tra cui anche quella che ha registrato la fuga. Il boss sarebbe uscito dal reparto di alta sicurezza con le chiavi: inizialmente avrebbe preso la chiave sbagliata, ma avrebbe avuto tutto il tempo di tornare e individuare quella giusta; quindi si è calato dal muro di cinta con una corda fatta con diverse lenzuola annodate ed è fuggito.
La condanna
Raduano – ritenuto al vertice del clan che porta il suo nome, “federato” con i Lombardi-Scirpoli di Manfredonia – il 3 febbraio scorso era stato condannato in via definitiva a 19 anni di carcere per traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dal metodo mafioso. Inoltre è sospettato di aver preso parte anche ad alcuni omicidi che hanno caratterizzato le ultime guerre di mafia del Gargano.