Un glorioso passato alle spalle, ma senza certezze per il futuro: numerosi riservisti militari italiani, pur avendo dedicato molti anni al servizio del Paese, si trovano ora al di fuori dell’Esercito, costretti a rivolgersi al Tar.
Circa 10 di loro hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo, mentre in tutta Italia circa un migliaio rischia di perdere il lavoro.
Esercito, militari riservisti: chi sono
Dopo aver partecipato a missioni di rilievo, sia all’estero con l’Onu che nell” operazione “Strade sicure”, si ritrovano ora, al 30 dicembre 2023 e superati i 45 anni di età, in una situazione di incertezza.
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Determinati a combattere questa battaglia legale, il gruppo di riservisti ha presentato un ricorso alla Sezione Prima Bis del Tar, che ha fissato udienza per il 17 gennaio a Roma.
Militari riservisti: il ricorso al Tar
Nel ricorso, il gruppo chiede il riconoscimento dello status di pubblico impiego dipendente, equiparato a quello dei graduati in servizio permanente effettivo, con il diritto all’assunzione presso l’Amministrazione Difesa come lavoratori a tempo indeterminato.
Richiedono inoltre la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle differenze retributive rispetto ai graduati in servizio permanente effettivo, nonché il riconoscimento dei diritti assistenziali e previdenziali.
L’accusa è incentrata sulla presunta violazione del divieto di reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato.
Questi riservisti, appartenenti alla “riserva di completamento” delle Forze Armate, hanno costruito le proprie vite lavorative su contratti a tempo determinato, ma ora, superati i 45 anni, temono il peggio.
La vicenda, delineata nell’ambito del ricorso presentato dall’avvocato Massimiliano Strampelli, denuncia un presunto abuso del diritto da parte del Ministero, auspicando che il Tar sanzioni questo comportamento e ponga fine a una possibile discriminazione.