La bufera si scatenò il 27 gennaio del 2012. Nella notte l’arresto. Il maresciallo capo della Guardia di Finanza, fu fermato con l’accusa infamante di essere al soldo di un clan di ‘ndrangheta.
Con altri suoi colleghi, avrebbe coperto i traffici nelle sale giochi, con le slot machines, della malavita organizzata trasferitasi dalla Calabria in Lombardia. Avrebbe preso, secondo l’accusa, 40 mila euro al mese per il suo “tradimento” nei confronti di quello Stato a cui aveva giurato fedeltà. Cascò il mondo addosso all’allora 34enne finanziere di Policoro. Le accuse rimbalzarono dalla Lombardia alla Basilicata. Una gogna mediatica senza fine durata sino a ieri. Ma il militare si è sempre professato innocente.
La sua vicenda giudiziaria, infatti, ha avuto varie puntate: una prima assoluzione, il ricorso della Procura, tre sentenze di secondo grado, con una condanna a 3 anni e 9 mesi, tre sentenze della Cassazione. Sino all’ultima, quella risolutiva. Il militare ha rinunciato alla prescrizione proprio perchè credeva fermamente che la sua innocenza sarebbe stata riconosciuta. Anche se 9 mesi di carcere e 3 ai domiciliari non si potranno mai dimenticare. Ventiquattro ore fa l’annullamento della sentenza di condanna di secondo grado per non aver commesso il fatto. Una restituzione di onorabilità che non può ripagare, però, tutto quel che il nostro corregionale ha subito.
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