Sarebbe stato pestato senza alcun motivo da un poliziotto durante un “normale” controllo e si era ritrovato, ad appena 17 anni, con il naso rotto, lividi e un mese di prognosi.
Per la vicenda, che risale alla notte del 10 febbraio del 2018, la Procura nelle scorse settimane ha chiesto la condanna di un agente (che in passato era anche finito ai domiciliari con l’accusa di lesioni) e di altri tre suoi colleghi che sarebbero intervenuti quella notte e che rispondono invece di falso ed omessa denuncia perché avrebbero modificato la relazione di servizio e non avrebbero segnalato l’accaduto.
Il ragazzo, che è figlio di un vigile del fuoco, quando venne fermato in via Benedetto Gravina a Palermo, era senza casco in sella ad uno scooter con un amico. Come aveva raccontato ai giudici durante un’udienza “abbiamo visto da lontano una volante ed abbiamo cambiato strada, poi però ho sentito dei colpi di clacson e ho detto al mio amico di accostare perché c’era la polizia”.
A quel punto, questa è la ricostruzione dell’accusa, mentre uno dei poliziotti avrebbe chiesto i documenti all’altro ragazzo, Bianco sarebbe sceso dalla volante ed avrebbe aggredito la presunta vittima.
“Mi ha dato un pugno al naso senza dire una parola. Io allora – aveva testimoniato il giovane – gli ho chiesto cosa avessi fatto, ma lui ha continuato a prendermi a pugni, alle tempie, al mento, al volto”. Sarebbe stato anche colpito “con calci alle gambe e pugni al fegato”, mentre avrebbe gridato che “ero il figlio di un collega, in quanto mio padre è vigile del fuoco, ma il poliziotto, imperterrito ha continuato a colpirmi, gridando: “T’accire, t’accire!’ in napoletano”.
Il presunto pestaggio sarebbe durato “due minuti” e “ho pensato – aveva dichiarato il ragazzo oggi maggiorenne – che forse non erano poliziotti veri, non pensavo fosse possibile mi facessero questo”. Sul posto sarebbero arrivati altri agenti, ma nessuno avrebbe prestato soccorso alla presunta vittima.
Secondo la Procura non vi sarebbbe traccia del controllo effettuato quella notte al Borgo, anche se sarebbe emerso che il motorino sul quale erano i due giovani non avrebbe avuto una copertura assicurativa: “Ci dissero che per quella volta non ci facevano niente”, aveva riferito la presunta vittima. Per l’accusa, però, questo sarebbe servito a nascondere il presunto pestaggio e da qui le accuse di falso ed omessa denuncia per gli altri tre imputati.