Il 27 luglio Giorgia Meloni sarà a Washington, l’incontro con il presidente americano Joe Biden è stato confermato pochi giorni fa. Tra i molti temi da affrontare il più importante sarà ovviamente la guerra in Ucraina e su questo la presidente del Consiglio vanta ottime credenziali: non è mai venuta meno nel perseguire una linea politica rigorosamente filo atlantista.
In Europa come in Italia, il sostegno all’Ucraina è stato sempre senza ripensamenti, con finanziamenti e invio di armi (anche se non moltissime e non sempre impeccabili) Roma è al 12° posto nella lista dei donatori militari a Kiev. Resta irrisolto un argomento molto spinoso, soprattutto per le casse pubbliche: il bilancio della Difesa da portare almeno al 2% del PIL.
“La Nato chiede da anni a tutti gli Stati membri di spendere il 2% lordo del bilancio per la difesa. Tutti i precedenti governi da Gentiloni in poi hanno promesso di farlo, io sono stato l’unico a dire alla Nato che forse non ci riuscirò”. Lo ha riconosciuto, venerdì sera, il ministro della Difesa Guido Crosetto intervenendo ad un incontro a Viareggio (Lucca).
“Ho detto alla Nato con grande franchezza – ha aggiunto – che non so se in Italia, ci sono le condizioni economiche per raggiungere quell’obiettivo”.
Ai Paesi membri della Nato che storicamente spendono oltre il 2% del Pil in Difesa si sono aggiunte recentemente anche Gran Bretagna e Polonia, mentre Parigi e Berlino hanno varato progetti di riarmo imponenti. Secondo i dati della Nato l’Italia, che ha raggiunto un totale di spesa per la difesa pari all’1,54% del Pil nel 2022, dovrebbe investire altri 10 miliardi di euro nei prossimi due anni per raggiungere l’obiettivo. Trovare 10 miliardi per la Difesa sarà un impresa titanica, perché in sostanza significa tagliare la spesa sociale.