Giovanni Battista Alberotanza comandante della Polizia penitenziaria nel carcere delle Vallette a Torino fino al luglio 2020, quando fu trasferito in seguito all’inchiesta sulle presunte torture ai detenuti avvenute avvenute tra il 2017 e il 2019, per cui è tuttora accusato di favoreggiamento (ossia non di avere commesso i fatti, ma di avere cercato di coprire gli agenti accusati di averli compiuti), ha vinto una causa amministrativa contro il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria che avevano emanato una serie di provvedimenti amministrativi tra cui il suo trasferimento in altre sedi.
A inizio luglio 2022 in sede cautelare il Tar del Piemonte ha stabilito che quegli spostamenti sono stati illegittimi. “Il comandante – dice il suo legale Maria Immacolata Amoroso – ha finalmente ottenuto giustizia. I giudici hanno equamente e sapientemente applicato il principio del giusto bilanciamento degli interessi coinvolti alla luce dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.
Alberotanza è stato l’unico imputato, nel procedimento penale che vede coinvolti anche altri 24 imputati per presunti reati di tortura, a subire un ingiustificato distacco in altre sedi, situate fuori dalla città di Torino, e ha rivendicato il diritto, nelle more della definizione del citato procedimento, a svolgere un incarico, in via provvisoria, equivalente a quello precedentemente ricoperto e a un trattamento analogo a quello riservato agli altri imputati.
Si deve sempre tener presente che esiste e vige il principio costituzionale di non colpevolezza sino ad eventuale condanna definitiva, principio evidentemente non colto dal Ministero della giustizia che dovrebbe, invece, farne tesoro e diritto vivente”.
Il processo penale si aprirà nel prossimo novembre e Alberotanza ha scelto il rito abbreviato: “Ritiene di essere processato al fine di chiarire la propria posizione nella vicenda processuale, ritenendosi estraneo alle accuse mossegli, tanto è vero che non ha proposto istanza di ammissione a riti estintivi del reato come la messa alla prova, pure ammissibile per l’unico e contestato reato di favoreggiamento, dimostrando di volersi sottoporre al giudizio del tribunale di Torino e rinnovando cosi la propria fiducia nella magistratura. Vuole avere giustizia dopo tre anni di provvedimenti illegittimi e iniqui, che ne hanno fatto il solo capro espiatorio di questa vicenda”, spiega ancora il legale.