Operazione della Guardia di finanza: la droga avrebbe fruttato 400 milioni di euro. Le ipotesi del ritorno a un ruolo da protagonista della mafia sulle rotte del traffico internazionale di droga
Continuano in Sicilia i «misteriosi» ritrovamenti di droga in mare o sulle spiagge. Questa volta è stata la guardia di finanza del comando provinciale di Catania, insieme a quelli del gruppo aeronavale di Messina, a ritrovare a largo della città etnea un carico da due tonnellate di cocaina.
Se fosse arrivata sulle piazze di spaccio, secondo gli inquirenti, «avrebbe fruttato 400 milioni di euro» e si tratta di «uno dei sequestri più ingenti mai effettuati nel territorio nazionale». Gli uomini delle fiamme gialle si sono subito insospettiti quando hanno visto galleggiare una settantina di colli, legati fra di loro con delle reti, e un dispositivo luminoso di segnalazione. Serve, spiegano dalla guardia di finanza, per far vedere meglio in mare la «carovana» ai trafficanti che avrebbero dovuto, probabilmente, recuperarli in una certa coordinata.
I 1.600 panetti di «polvere bianca» erano perfettamente conservati dentro imballaggi accurati ma questo non sorprende più gli inquirenti. Intanto, la procura distrettuale antimafia di Catania ha aperto un fascicolo contro ignoti ma, come spiega il tenente colonnello Diego Serra, comandante del nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza etnea, pur «non avendo certezza dell’origine della sostanza stupefacente», si «può ipotizzare che il carico fosse proveniente dal Sudamerica, dove tradizionalmente è prodotta la cocaina».
Il «copione» oramai è ben noto alle forze dell’Ordine di mezza Sicilia. Lo scorso 3 aprile, i carabinieri notarono, su una scogliera di Vulcanello, un borsone. Dentro c’erano 32 panetti di coca che sul «mercato» avrebbero fatto incassare fino a 3,8 milioni di euro. Oramai nessuno crede alla casualità: è almeno dall’estate del 2015 che si susseguono questi ritrovamenti. Quell’anno, ad Alcamo Marina, furono ritrovati 60 panetti. Da allora, si stima che sulle spiagge della Sicilia sia stata «dimenticata» una tonnellata di droga: cocaina, hashish e marijuana, per lo più, custodite dentro pacchetti ben sigillati.
Solo nel Trapanese, nel 2022, furono quattro i ritrovamenti e altri sei, da 150 chili, avvennero nel 2021. La sera di capodanno di tre anni fa, invece, gli agenti della questura di Agrigento videro a due passi dell’iconica Scala dei Turchi, a Realmonte, una sorta di grande scatolone: dentro c’erano 600 panetti di hashish, per un peso complessivo di 38 chili e 100 grammi.
Qualche tempo primo altri 30 chili erano stati sequestrati, nella zona dell’ex eliporto di San Leone. Sempre nel 2020 altri 600 panetti di hashish erano stati ritrovati dalla polizia nella spiaggia di Capo d’Orlando, nel Messinese, e negli stessi giorni altre centinaia di pacchetti furono rinvenuti anche nel Palermitano, Trapanese e Agrigentino.
L’ipotesi più accreditata, al vaglio degli inquirenti, è che dietro a questi carichi abbandonati ci siano le «rotte della droga» che collegano il Nord Africa e il Sud America con la Sicilia. Spesso a sganciare la droga sono equipaggi di piccoli velieri — raccontano i magistrati che indagano — perché possono navigare in diversi Paesi europei senza dover presentare l’indicazione di una rotta o un piano di movimentazione.
I trafficanti lascerebbero in mare aperto dei grandi pacchi di stupefacenti dai 25 ai 40 chili l’uno — fornendo poi le coordinate agli acquirenti — che, così, li issano a bordo per poi scaricarli di notte a poca distanza dalle spiagge. Solitamente, le meno frequentate, per non dare nell’occhio e correre il rischio che qualcuno allerti le forze di polizia. In inverno sui carichi più grossi, vengono inserite dei Gps e/o boe perché le correnti possono spostare di molto il pacco.
Un sistema facile e poco rischioso proprio se le condizioni meteomarine non sono proibitive. Accade, infatti, che il mare in burrasca «corra» più veloce dei motoscafi d’altura impegnati per il recupero facendo arenare i carichi oppure che i trafficanti africani, spaventati, sia dal mare in tempesta sia dalla possibilità di essere avvicinati dalla Guardia costiera per i soccorsi sgancino la droga.
Tutto rientra in precisi calcoli ovvero quello che, specialmente nei mesi invernali, si perda parte del guadagno. Certo il maxisequestro, odierno, da 400 milioni di euro non saranno bruscolini nemmeno per queste potenti organizzazioni criminali ma sullo sfondo potrebbero esserci vecchi e nuovi business con la mafia. Un carico così grosso come quello di Catania rilancia le ipotesi avanzate dalla Direzione investigativa antimafia: «Nel traffico degli stupefacenti cosa nostra impegna le sue migliori risorse per il coordinamento e la gestione di mercati e piazze di spaccio, quest’ultime affidate a gruppi criminali talvolta direttamente affiliati; nella dimensione ultraregionale instaura relazioni commerciali e stringe alleanze o forme di cooperazione con altre matrici mafiose (quali ‘ndrangheta e camorra) per l’approvvigionamento di più ingenti quantitativi anche su larga scala».
Poi la Dia aggiugne:«in particolare le risultanze investigative del primo semestre 2022 hanno comprovato come cosa nostra abbia mantenuto aperto un canale preferenziale di negoziazione con le ‘ndrine calabresi soprattutto per l’approvvigionamento di cocaina». Quindi il passaggio che apre nuovi scenari: «non può escludersi che cosa nostra possa, nel breve periodo, riuscire a emanciparsi dai menzionati canali di approvvigionamento in ragione dei primi tentativi registrati per ripristinare i vecchi flussi con i fornitori del continente americano, così da riacquisire il ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico».