“Che c… mi controllate a fare?”. Poi la violenza sull’agente

Polizia di stato aggressione milano
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Ore 01.15 di un normale mercoledì 18 agosto a Milano. Due agenti della polizia sono in zona Lorenteggio per una delle più classiche operazioni di perlustrazione e controllo del territorio. Niente di trascendentale: notano due soggetti che si aggirano con fare sospetto, li fermano, chiedono i documenti e identificano i due soggetti. Una pratica di qualche minuto, un paio di disbrighi burocratici e poco più. Se non fosse che uno dei due fermati, O.D., a un certo punto inizia a agitarsi infastidito dall’accertamento. “Che ca**o ci controllate a fare – dice – noi siamo lavoratori: fermate e controllate i marocchini per strada”. La temperatura sale, l’amico di O.D. prova a placarlo (“lascia stare, stanno facendo il loro lavoro: finiscono e andiamo via”), la polizia lo invita a ricomporsi. Poi all’improvviso scatta la violenza. L’uomo, che era appoggiato ad un’auto in sosta, con uno gesto repentino si scaglia contro uno dei poliziotti e lo colpisce alla bocca. Il labbro si gonfia, esce sangue. O.D. capisce di averla fatta grossa e scappa all’interno di un condominio di largo Fatima.

Sul posto arrivano il 118, la Croce Azzurra, un’auto medica e l’agente viene portato all’ospedale Niguarda. Niente di grave, per fortuna, ma comunque i giorni di prognosi sono 21. Il referto dice: trauma facciale, lussazione palatale (ridotta manualmente) e qualche problema al labbro e ai denti. Un’altra volante si mette sulla tracce del fuggitivo: compito neppure troppo difficile, visto l’aggressore si era “dimenticato” di riprendere il documento di identità lasciato alla polizia. Gli agenti perlustrano casa sua, occupata dalla madre. Ma non lo trovano. Lo cercano nello stabile che però è pieno di scappatoie: di O.D. neppure l’ombra. Solo nel pomeriggio verrà rintracciato nell’appartamento: sul suo capo ora pendono le accuse di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Ma per ora resta in stato di libertà.

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“Non è possibile che si vedano ancora oggi queste scene di ‘ordinaria follia’ e violenza inaudita”, tuona Pasquale Alessandro Griesi, Segretario della FSP Polizia di Stato. “Quel viso pieno di sangue rappresenta tutti noi operatori, siamo stanchi di questo trattamento che sembra quasi consentito dallo Stato”. Il sindacato chiede “la creazione di regole d’ingaggio per consentire al poliziotto di fare sempre meglio il proprio lavoro”. L’idea è quella di stabilire un “cuscinetto di distanza” oltre il quale “chi è sottoposto a controllo o si trova ad una manifestazione non può andare”. Il tutto per proteggere l’incolumità degli agenti ed evitare episodi come quelli di Lorenteggio. “Servono anche tutele legali complete – aggiunge Griesi -, un fondo di assistenza e sul piano giudiziario un ‘filtro’ per valutare in tempi brevi la posizione del poliziotto”. Perché se il ferito avesse reagito, magari sparando un colpo come successo nel Varesotto (ferito all’addome un marocchino armato di coltello) poi sarebbero stati guai legali: indagini, processi, avvocati. Un inferno. “Sul tema della sicurezza la politica deve rispondere ‘presente’, – conclude Griesi – Non bastano però pacche sulle spalle: servono risorse”.

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