Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia, analizza la questione legata alla decisione di incostituzionalità della Corte Costituzionale in merito all’ergastolo ostativo.
Ha perfettamente ragione Nino Di Matteo quando dice che “Così smantellano il sistema complessivo di contrasto alle organizzazioni mafiose ideato e voluto da Giovanni Falcone” e che “ così si realizzano gli obiettivi delle stragi”.
E dispiace, sinceramente, che il collega ora al CSM, sia ancora una volta rimasto voce isolata in un coro di garantisti.
Qui non si tratta, però, di garantismo o di forcaiolismo, si tratta di buttare a mare anni di contrasto al crimine organizzato peraltro in un momento particolarmente delicato.
Io sono il primo garantista ed il primo a rivendicare da sempre l’esigenza di rendere concreto il principio costituzionale di rieducazione della pena.
La questione è maledettamente seria.
La corte Costituzionale è chiamata a esprimersi sulla possibilità di chiedere la liberazione condizionale anche per i condannati all’ergastolo ostativo. È chiamata in gergo “libertà vigilata” e può essere chiesta da tutti i detenuti che abbiano trascorso almeno 26 anni in carcere, tranne quelli condannati per reati di tipo mafioso, per terrorismo ed eversione che non intendono collaborare con la magistratura.
Se fosse accolta la questione sarebbe un altro durissimo colpo all’ergastolo ostativo, al carcere inventato per i boss delle stragi.
Il tema è assai delicato e va ben oltre il mero dato tecnico-giuridico; è in gioco un pezzo di storia della lotta alle mafie nel nostro Paese. E da queste scelte deriverà il futuro delle organizzazioni mafiose, duramente colpite negli ultimi 30 anni e pesantemente decimate.
Che le regole sull’ergastolo ostativo non vadano così come sono è ormai chiaro a tutti, tranne forse al nostro Legislatore.
Nel 2019 prima la Corte Europea dei diritti dell’uomo aveva chiesto all’Italia di riformare l’intera norma sull’ergastolo ostativo, poi la stessa corte costituzionale aveva dichiarato incostituzionale il divieto di accedere ai permessi premio per i boss che non collaborano. Due crepe nella normativa che disciplina il fine pena mai per i boss irriducibili. Crepe che con la sentenza di oggi rischiano di allargarsi ulteriormente.
Stiamo distruggendo l’impianto costruito contro i mafiosi, ma le mafie oggi sono altrettanto potenti e pericolose, seppure in gran parte inabissate.
Lo Stato, però ora deve reagire, non può restare inerte, deve intervenire elaborando soluzioni diverse che garantiscano i cittadini perbene dall’aggressione mafiosa, almeno quanto si sta facendo per le legittime aspettative di libertà di ergastolani mafiosi pluriomicidi e stragisti che aspirano a dimostrare, pur non collaborando, di essersi redenti sulla via di Damasco.
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