Caso Ramy Elgaml: la perizia conferma la correttezza dell’inseguimento dei carabinieri, nessun urto iniziale tra auto e moto

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Secondo la perizia tecnica redatta dall’ingegnere Marco Romaniello per conto della Procura, l’inseguimento dei carabinieri che ha preceduto la tragica morte di Ramy Elgaml è stato condotto nel rispetto delle procedure operative delle Forze dell’Ordine. L’analisi cinematica esclude che ci sia stato un urto iniziale tra la moto e la pattuglia, individuando come causa principale dell’incidente la manovra improvvisa del motociclista e l’impatto con un palo semaforico.

Inseguimento dei carabinieri: Le conclusioni della perizia

Nella relazione di 166 pagine, l’esperto afferma che il conducente della pattuglia, un vice brigadiere alla guida dell’Alfa Romeo Giulietta, ha agito in modo conforme alle procedure operative, mantenendo un comportamento adeguato e controllato durante l’inseguimento.

“L’analisi di tutti i video e l’attenta valutazione cinematica condotta hanno confermato che il carabiniere ha seguito le disposizioni previste per situazioni di inseguimento veicolare”, si legge nella perizia. Tuttavia, il militare si è trovato nell’impossibilità di evitare l’incidente a causa di una manovra improvvisa e imprevedibile del motociclista, che ha tagliato la traiettoria della pattuglia.

La perizia sottolinea che l’esito tragico dell’evento è stato determinato dall’impatto del passeggero, Ramy Elgaml, contro un palo semaforico, che ha interrotto la sua caduta.

Il comportamento del motociclista

L’analisi attribuisce un ruolo determinante alla condotta di Fares Bouzidi, il conducente del motociclo Yamaha. Secondo la perizia, Bouzidi ha ignorato l’ALT dei carabinieri e ha intrapreso un inseguimento ad alta velocità attraverso le strade della città, mettendo in atto una guida estremamente pericolosa: passaggi con semafori rossi, sorpassi sfiorando altri veicoli, curve affrontate in contromano e in condizioni di scarsa visibilità.

L’inseguimento è durato circa otto minuti, un lasso di tempo eccezionalmente lungo per una corsa ad alta tensione in ambiente urbano. Secondo l’esperto, la perdita di lucidità e l’affaticamento cognitivo del conducente della moto potrebbero aver contribuito alla sua decisione di eseguire una manovra avventata, con conseguenze drammatiche.

Nessun urto iniziale tra auto e moto

La perizia smentisce inoltre la possibilità che vi sia stato un impatto iniziale tra la Giulietta e il motociclo, ipotesi avanzata in un primo momento nel report della Polizia Locale di Milano. L’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza in Via Ripamonti, Via Quaranta e Via Solaroli ha escluso che vi sia stato un contatto tra i due mezzi nella zona non coperta dalle riprese.

In definitiva, il rapporto conferma che i carabinieri hanno agito seguendo le procedure previste, mentre le scelte del motociclista e le condizioni stradali hanno avuto un ruolo determinante nell’incidente mortale.

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