Caso Cucchi, otto carabinieri condannati per depistaggi: la sentenza

Carabinieri condannati

Depistaggi del caso Cucchi, il geometra ucciso il 22 ottobre 2009: il giudice Roberto Nespeca ha condannato gli otto carabinieri che, per la Procura, dirottarono la verità sulla vicenda.

Cinque anni al generale Alessandro Casarsa il più alto in grado nella scala gerarchica dell’epoca e oggi accusato di falso.

Quattro anni a Francesco Cavallo, a sua volta accusato di falso. Quattro anni a Massimiliano Colombo Labriola (falso), 1 anno e 9 mesi a Francesco Di Sano (falso), 1 anno e nove mesi a Tiziano Testarmata (omessa denuncia alla autorità giudiziaria), 1 anno e tre mesi a Lorenzo Sabatino (omessa denuncia all’autorità giudiziaria) e 4 anni a Luciano Soligo (falso). Mentre a Luca De Cianni, accusato di calunnia nei confronti del collega Riccardo Casamassima, sono stati inflitti 2 anni e sei mesi.

In primo grado il processo si conclude con una vittoria per gli uffici della Procura e in primis del pm Giovanni Musarò che aveva istruito approfondimenti accurati sulla vicenda. Nella sua requisitoria il magistrato aveva definito i depistaggi sul caso «ostinati e a tratti ossessivi» protratti per anni.

Nel frattempo l’Arma aveva voluto prendere le distanze dai suoi militari infedeli con una costituzione di parte civile al processo. Mentre lunedì scorso, giorno della sentenza in Cassazione che aveva confermato le condanne nei confronti degli autori del pestaggio di Stefano Cucchi, i vertici dei carabinieri avevano espresso «profondo rammarico» alla famiglia.

Secco il commento dell’avvocato Adolfo Scalfati, difensore del colonnello Lorenzo Sabatino, allora comandante del reparto operativo dei carabinieri di Roma: «Non ci aspettavamo questa decisione, riteniamo che questa sentenza sia un errore giudiziario». Nessun commento invece, dopo la sentenza, dal difensore del generale Alessandro Casarsa, l’avvocato Carlo Longari: «Casarsa ha affrontato il processo con serenità e rispetta la decisione del giudice. Le sentenze si rispettano e non si commentano. Adesso aspettiamo le motivazioni».

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