Il congedo del militare per cause di servizio non blocca la procedura, in corso, per l’avanzamento di grado. È quanto emerge da una sentenza del Tar Lazio, numero 05272/2022, pronunciata dalla prima sezione bis, che ha accolto il ricorso di un vicebrigadiere dei carabinieri congedato per cause di servizio mentre era in corso la procedura di valutazione per l’avanzamento al grado superiore di brigadiere.
La vicenda
La Direzione generale per il personale militare, 2° Reparto, 5° Divisione (del ministero della Difesa), aveva stabilito che il militare non poteva «essere valutato per l’avanzamento con l’aliquota del 31 dicembre 2018 in quanto cessato dal servizio quando la procedura di valutazione era ancora in itinere».
Al congedo per cause di servizio, giacché era stato «dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato a causa di infermità», è seguita l’esclusione dalla procedura di valutazione.
Quindi il ricorso al Tar. Tra i motivi della richiesta di annullamento dell’atto, la violazione degli articoli del Codice dell’ordinamento militare.
Non solo: il vicebrigadiere sottolinea anche che «la cessazione dal servizio, peraltro, si sarebbe verificata per infermità giudicate dipendenti da causa di servizio, di guisa che l’esclusione dall’avanzamento risulterebbe a fortiori irragionevole». Inoltre, altro elemento evidenziato dal carabiniere, l’articolo 1084 Codice ordinamento militare «che disciplina le promozioni da conferire all’atto del collocamento in congedo per chi cessa dal servizio a causa di infermità, egli avrebbe diritto a conseguire il grado superiore».
In giudizio anche la costituzione dell’Amministrazione che con una relazione ha rilevato che il militare «è stato escluso dalla procedura di valutazione poiché cessato dal servizio allorquando essa era ancora in itinere e non, come erroneamente affermato, sul presupposto dell’articolo 1051 C.O.M.; e sottolineando come, per giurisprudenza consolidata, condizione essenziale per l’avanzamento sia la permanenza del militare in servizio attivo». A seguire la memoria del militare che insistendo per l’accoglimento del ricorso ha evidenzianto «la sussumibilità del caso di specie nell’alveo normativo dell’articolo 1051-bis C.O.M».
La decisione
Per i giudici il ricorso è fondato. E citano il decreto legge 173 del 2019 rubricato in «Promozioni in particolari situazioni». Decreto che dispone, a partire dal 1° luglio 2017, che «il militare, che è deceduto ovvero è stato collocato in congedo per limite di età o per invalidità permanente dopo aver maturato la permanenza minima nel grado per l’inserimento nell’aliquota di avanzamento ad anzianità o per l’attribuzione delle qualifiche di primo luogotenente, di carica speciale o di qualifica speciale ovvero, se appartenente al ruolo appuntati e carabinieri o corrispondenti ruoli forestali dell’Arma dei carabinieri, dopo aver conseguito il requisito temporale per l’avanzamento al grado superiore o per l’attribuzione della qualifica speciale, è comunque valutato e, previo giudizio di idoneità, è promosso al grado superiore ovvero, previa verifica del possesso dei relativi requisiti, consegue la prevista qualifica».
Il principio generale
Non solo: richiamando poi la circolare del 2020 secondo cui la norma «è rivolta al solo personale militare cessato in data non antecedente al primo luglio 2017 o non più valutato perché cessato durante i lavori della Commissione di avanzamento», i giudici evidenziano che «per quanto di interesse nel presente giudizio, l’articolo 1051-bis del Codice ordinamento militare fa espresso riferimento a quei militari che, come il ricorrente, nel contesto di una procedura di avanzamento siano cessati dal servizio per invalidità permanente durante l’iter valutativo, in data non antecedente al 1.7.2017. Rispetto a costoro, stabilisce che vengano comunque valutati, non operando alcun meccanismo escludente».
Per i magistrati amministrativi «deve dunque darsi atto di tale novità legislativa, di segno contrario rispetto a quel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’avanzamento è sempre riservato soltanto ai militari in servizio attivo al momento della valutazione da parte della Commissione preposta». I giudici quindi sottolineano che «è fatta salva, tuttavia, l’“ipotesi eccezionale di invalidità successiva introdotta da una norma sopravvenuta espressamente retroattiva”».
In altre parole, «il principio tempus regit actum incontra un’eccezione laddove al provvedimento impugnato sopravvenga una norma espressamente retroattiva, quale è l’articolo 1051-bis, che dispone in maniera esplicita “A decorrere dal primo luglio 2017”. Di qui l’illegittimità sopravvenuta, nel caso di specie, del provvedimento impugnato dall’odierno ricorrente». Ricorso accolto, spese compensate.