Gli effetti delle chiusure forzate per motivi sanitari a causa della pandemia Covid-19 e il caro energia mettono sempre più in ginocchio il settore della ristorazione che cerca di non spegnere l’insegna con ricadute anche sul trattamento alimentare dei Carabinieri che fruiscono del servizio di vettovagliamento presso i punti di ristorazione privati in convenzione con l’amministrazione.
Menù del giorno: a pranzo, pasta asciutta o in alternativa pasta al sugo più un contorno ed a cena pizza margherita o marinara. Ad aggravare la situazione, il digiuno quando il personale è costretto a svolgere servizi di ordine pubblico in sede e fuori sede in quanto non forniscono i cd. “pranzo a sacco”.
Ciò è quanto accade in provincia di Caserta, a Santa Maria Capua Vetere, ove per vicinanza ai Carabinieri vi sono ristoratori che non riescono a sospendere convenzioni e si accontentano di percepire poco più di quattro euro a menù.
Situazioni paradossali ed a limite per entrambi se consideriamo che una cattiva alimentazione può incidere notevolmente sul benessere psicho-fisico dei Carabinieri causando diversi problemi di salute ed, al contempo, per i ristoratori che pur di mostrare vicinanza alla benemerita, accettano di somministrare derrate nella consapevolezza di generare perdite economiche alle proprie aziende.
Il segretario generale provinciale NSC Caserta, Gennaro De Falco, afferma: “Il Nuovo Sindacato Carabinieri è portatore di interessi legittimi ed attraverso le tutele dell’interesse generale può salvaguardare anche i diritti dei propri iscritti. Corre la necessità di un intervento immediato da parte di chi è deputato alla vigilanza. Sono situazioni intollerabili e nocive per gli interessi economici dei ristoratori e per la salute dei Carabinieri, soprattutto per coloro che vivono nelle caserme ai quali, dalle ultime circolari, è precluso l’utilizzo di fornetti elettrici o microonde per riscaldare i cibi”.
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