Carabiniere sparò e uccise un albanese per salvare il collega ferito: la Procura chiede l’archiviazione

Carabiniere sparò e uccise un albanese per salvare il collega ferito

Carabiniere sparò e uccise un albanese per salvare il collega ferito – «Quel 14 luglio del 2023 il vicebridagiere dei carabinieri per salvare il collega ferito a terra poteva solo aprire il fuoco. Non c’era un’altra soluzione percorribile». Così, in estrema sintesi, la Procura con il pubblico ministero Marco Brusegan, titolare delle indagini, ha chiesto l’archiviazione della posizione del militare finito iscritto nel registro degli indagati per il reato di eccesso colposo di legittima difesa con l’uso delle armi.

Quel giorno in vicolo Castelfidardo sparò quattro colpi in direzione dell’albanese di 55 anni Haxhi Collaku, deceduto poco dopo in ospedale.

Carabiniere sparò e uccise un albanese per salvare il collega: i fatti

Quel pomeriggio nel quartiere della Sacra Famiglia, intorno alle 14, Haxhi Collaku invece di andarsene dopo aver violato il divieto di avvicinamento all’ex moglie, si è messo al volante del suo furgoncino Skoda e ha puntato la pattuglia dei carabinieri. Ma soprattutto il militare, di spalle, impegnato a redigere il verbale dell’intervento. In quella posizione non è riuscito a schivare il veicolo ed è stato schiacciato con le gambe tra la “Gazzella” e il furgone.

L’o straniero’uomo, pieno di rabbia, è sceso dal mezzo e impugnando un coltello con una lama lunga 12 centimetro e mezzo si è avventato contro il carabiniere agonizzante. Lo voleva finire a coltellate, tanto che il militare da terra ha alzato le braccia per ripararsi dai colpi.

Il vicebrigadiere nel tentativo di bloccarlo è stato costretto a estrarre la pistola di ordinanza, una Beretta semiautomatica calibro 9, e ad aprire il fuoco. Quattro proiettili, due alle gambe e due nel basso addome. Ma Collaku, violento e in preda alla rabbia, non ha mollato: il suo obiettivo rimaneva il carabiniere disteso sull’asfalto con una gamba spappolata. Il vicebrigadiere, questa volta per fermarlo in maniera definitiva, ha dovuto stringerlo a se da dietro. Ma lo straniero aveva ancora energie.

Quando è stato adagiato sulla barella ha tentato di mordere i suoi soccorritori. È deceduto qualche ora più tardi in ospedale a seguito di una emorragia interna. Il vicebrigadiere Marco Scuderi ha lottato per mesi tra la vita e la morte, con il rischio concreto di perdere la gamba. Ma i medici lo hanno salvato e adesso è anche rientrato in servizio.

Quel 14 luglio dell’anno scorso, quando era a terra ferito e agonizzante, ha implorato il collega, come si sente in un audio-video registrato da una residente, di aprire il fuoco.

La difesa del carabiniere

L’avvocato Ernesto De Toni in difesa del militare: «Questa è la definizione del procedimento che veniva auspicata nella consapevolezza che l’azione del mio assistito è stata l’unica possibile per salvare la vita al collega». E ancora: «Le testimonianze e poi le varie consulenze molto approfondite, come quella balistica, medico legale e dinamica, hanno attestato l’assoluta correttezza della condotta del mio assistito.

Tutto questo considerando – ha terminato – che c’era il serio pericolo di colpire il collega. L’intera vicenda ha portato un grave turbamento nella vita del militare che si è reso responsabile della morte di quell’uomo». I fratelli dell’albanese si sono invece fatti affiancare dal legale Emanuele Scieri: «Devo prima incontrare i miei assistiti e poi vedrò come agire».

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