Carabiniere sanzionato: «era in caserma con una giovane donna di notte»

Carabinieri condannati

Rimase a lungo «in gentile compagnia» di una giovane donna all’interno della caserma durante il turno di notte. Un incontro, quello tra il carabiniere scelto e l’ospite femminile, che evidentemente non passò inosservato, visto che l’episodio giunse all’orecchio del comandante. 

Scattò un procedimento disciplinare, il cui esito risultò l’irrogazione nei confronti del militare del «provvedimento del rimprovero». Sanzione che il carabiniere accettò tutt’altro che di buon grado, ingaggiando da allora un contenzioso che si è appena concluso dopo oltre 7 anni di ricorsi e sentenze.

Il nodo del contendere, quel controverso «incontro notturno in caserma con una giovane donna», risale al 14 dicembre del 2014 e ne è stata teatro la caserma di Peschiera del Garda. A descrivere l’accaduto, in gergo militaresco, è la motivazione con cui il comandante giustificava all’epoca il provvedimento disciplinare contro il carabiniere scelto: quest’ultimo, «addetto alla stazione del capoluogo, nell’adempimento del turno di militare di servizio alla caserma sede di comando intermedio, s’intratteneva – si legge nel rapporto redatto dal superiore – con una giovane donna nel locale adibito alla vigilanza e alla custodia delle armi, in orario notturno, senza giustificato motivo e senza registrarla, consentendole una prolungata permanenza con conseguente omissione di attenta e costante vigilanza alla sicurezza della struttura militare». Tutto ciò, nell’ottica del comandante, rappresentava «una mancanza» da punire con la sanzione del «rimprovero», una sorta di ammonimento. Il diretto interessato fece subito ricorso gerarchico, ma gli andò male.

Allora scelse la via della giustizia amministrativa rivolgendosi al Tar del Veneto che però nel 2017 ne rigettò l’impugnazione. Infine il militare adì la via del Consiglio di Stato: anche quest’ultima opzione, però, non ha avuto successo perché i giudici oltre a rigettarne il ricorso lo hanno anche condannato a pagare le spese legali. Tra gli argomenti a proprio favore, il ricorrente aveva sottolineato che «i colleghi, nelle relazioni di servizio, avevano tutti riferito di averlo visto sempre intento alle proprie mansioni». Riguardo alla mancata registrazione della presenza femminile, il carabiniere a propria discolpa aveva spiegato che la donna «era ben nota e conosciuta a tutti i militari della caserma. Il fatto poi che non vi sia stata una relazione scritta o una denuncia formalizzata non fa venir meno un normale stato di fatto. Chi si rivolge all’Arma spesso ha necessità di consigli di chiarimenti e non tutte le richieste producono poi iniziative di natura penale».

Affermazioni difensive che tuttavia non hanno fatto breccia sui giudici, i quali invece evidenziano che, «nel rapporto disciplinare» compilato dal comandante si osserva come «il ricorrente abbia fatto accomodare la donna su una sedia posta davanti all’ingresso del locale destinato al militare di servizio: quindi – deducono i magistrati – per parlarle egli avrà dovuto dare le spalle alla vetrata corrispondente al cancello di ingresso della caserma, venendosi così a trovare nell’impossibilità di prestare la dovuta vigilanza al punto nevralgico di ingresso della struttura».

Nel suo ricorso, il militare ribatteva di aver «sempre avuto una corretta visuale di tutti i punti nevralgici della struttura, monitorando con la frequenza dovuta i monitor di sorveglianza». Secondo i giudici però «questa locuzione non contesta lo specifico addebito di mancata continua sorveglianza alla vetrata corrispondente al cancello d’ingresso dalla caserma, poiché non è equiparabile, ai fini della sicurezza, alla “continua sorveglianza alla vetrata corrispondente al cancello d’ingresso della caserma”». Rimprovero confermato, dunque.

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