Carabiniere “rimproverato” per essersi rivolto a un avvocato, sanzione disciplinare annullata

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Accolto dal Tar del Lazio  il ricorso di un carabiniere di stanza a Viterbo per l’annullamento della sanzione disciplinare del “rimprovero”, che gli era stata inflitta per essersi rivolto a un avvocato per contestare una intimazione di pagamento per l’utilizzo dell’alloggio di servizio.

Era stato sottoposto a procedimento disciplinare per avere contestato, avvalendosi dell’assistenza tecnica di un legale, una intimazione di pagamento di 766 euro proveniente dal comando legione carabinieri Lazio, per l’utilizzo a titolo oneroso dell’alloggio di servizio.

Avrebbe violato l’art. 715 comma 2 del Dpr n. 90/2010, laddove prevede che nelle relazioni di servizio e disciplinari il militare è tenuto a osservare la via gerarchica nonché la circolare del comando generale del 29 novembre 2021, nella parte in cui prescrive che l’intromissione dei terzi estranei all’amministrazione è vietata qualora sia volta ad indirizzare o condizionare la potestà decisionale di ciascun comandante in ordine alla disposizione afferente all’impiego e al servizio.

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L’8 agosto 2022 gli è stata irrogata la sanzione disciplinare del “rimprovero”. Con successiva determinazione del 2 dicembre 2022, notificata il 28 dicembre 2022, è stato invece respinto il ricorso gerarchico presentato dal ricorrente per l’annullamento della sanzione disciplinare del “rimprovero” inflittagli l’8 agosto. 

Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso contro entrambi i provvedimenti, che sono stati annullati, al termine della camera di consiglio del 23 marzo, sottolinea: “I motivi di ricorso si rivelano fondati in quanto pienamente conformi all’orientamento di recente manifestato dal consiglio di stato in ordine alla legittimità, entro certi limiti e a determinate condizioni, del ricorso del militare all’assistenza tecnica di un legale nei rapporti con la linea gerarchica (sempreché ciò non denoti atteggiamento meramente emulativo del dipendente ovvero indebitamente polemico e/o irriguardoso verso la linea gerarchica)“.

Il diritto di difesa, inteso in senso lato, deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell’azione in sede di giudizio – si legge nella sentenza – e anzi può essere volto ad evitare che si arrivi a esiti conflittuali in sede giudiziale. E, quindi, può esplicarsi anche nella fase di interlocuzione con l’amministrazione, dovendo essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari”.

“Ciò sempre che tale facoltà non esorbiti dai limiti consentiti dall’ordinamento per il suo esercizio, per assumere caratteri offensivi o disfunzionali e, in tal senso, la circostanza dell’intervento di un legale, soggetto professionalmente qualificato, è anzi tendenzialmente una garanzia che il rapporto si mantenga nei limiti di un corretta salvaguardia dei diritti dell’interessato secondo le modalità consentite dall’ordinamento”.

“Ritenuto, pertanto, che, fermo restando il principio generale secondo cui i rapporti tra il militare e l’amministrazione devono essere improntati ai principi di buona fede e leale collaborazione, la condotta del ricorrente non appare nella specie contraria a tale principio e non legittima, pertanto, l’adozione della sanzione disciplinare del ‘rimprovero’ che gli è stata irrogata”.

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