I giudici hanno condannato a tre mesi, per minacce, il cosentino – all’epoca dei fatti 28enne – che il pomeriggio del 16 agosto 2021 si scagliò verbalmente – secondo i testimoni con pesanti minacce – contro il Maresciallo maggiore dei carabinieri Antonio Carbone, di stanza a Ciriè nel torinese, ma in vacanza a Paola. Carbone, dopo l’acceso scontro, muore a causa di un infarto.
La Procura ha ipotizzato che il malore del maresciallo fosse riconducibile all’aggressione. Di fatto, al giovane cosentino, è stata mossa anche l’accusa di morte come conseguenza di altro reato. Ma, dei due capi d’accusa, il 30enne è stato condannato solo per minacce.
La vicenda
Il pomeriggio del 16 agosto 2021 il Maresciallo dei carabinieri Antonio Carbone si trova sulla spiaggia della sua infanzia insieme alla famiglia e ad alcuni amici quando si accorge che un bagnante ha appena gettato sul bagnasciuga la cicca di una sigaretta. Al suo rimprovero di non sporcare il mare segue la reazione del giovane vicino di ombrellone.
Ne nasce una discussione che in pochi minuti degenera e che coinvolge anche la famiglia di un 28enne di Cosenza, che secondo le testimonianze di alcuni bagnanti, avrebbe rivolto, durante il diverbio, pesanti illazioni al militare. Antonio si allontana per sedersi sulla sdraio, ma è visibilmente agitato. Di lì a poco il suo cuore cederà. Il militare muore infatti durante il trasporto in ambulanza al vicino ospedale cittadino.
Lo scorso gennaio l’amministrazione comunale ha dedicato al maresciallo maggiore una strada che conduce proprio alla sua amata spiaggia, al suo amato mare.
“Morto per futili motivi”
“Quando uscì la notizia– dice a quicosenza il fratello del carabiniere, Vincenzo intervistato in occasione dell’anniversario della morte di Antonio – ricordo che molti giornali riportavano che la morte di mio fratello sarebbe avvenuta per futili motivi. Questa cosa mi ha fatto male, mi ha ferito profondamente: il motivo , al contrario, è quanto di più nobile ci possa essere ed ha a che fare con la difesa del mare”. Il docente poi confessa di aver combattuto a lungo contro un altro ignobile pregiudizio: “La gente mi diceva “perché non si è fatto gli affari suoi?”. Ecco questo è quello che va combattuto con più ferocia: quali sono per un calabrese gli “affari suoi?”. Mio fratello ha fatto solo il proprio dovere, quando ha chiesto al giovane di non sporcare il mare, stava facendosi esattamente gli affari suoi”.
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