Carabiniere arrestato: per la Procura era sul libro paga del clan della 167 di Arzano

Carabiniere arrestato mentre cede 2 chili di cocaina

Carabiniere arrestato -Un luogotenente dei carabinieri, all’epoca dei fatti in servizio presso la tenenza di Arzano (oggi in forza alla DIA di Napoli), è stato arrestato nell’ambito di un’indagine che ha colpito il “clan della 167”, un gruppo criminale attivo nella periferia a nord di Napoli. L’inchiesta ha portato all’esecuzione di diverse misure cautelari nei confronti di esponenti di vertice dell’organizzazione camorristica.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il militare avrebbe ricevuto un compenso mensile di 1.000 euro dal clan, oltre a regali extra che comprendevano somme fino a 3.000 euro e altri benefici, come abiti, bottiglie di vino, lavori di manutenzione domestica, verniciatura, cambio di pneumatici e pezzi di ricambio per auto.

Tuttavia, dalle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia emerge che il sottufficiale prediligeva il denaro: “Lui voleva solo soldi”, si legge nei verbali allegati all’ordinanza.

Carabiniere arrestato: Favori al clan e insabbiamenti

Le indagini hanno ricostruito una serie di episodi che risalgono al 2016, quando il luogotenente avrebbe omesso di registrare nella banca dati un provvedimento di sorveglianza speciale nei confronti del boss Pasquale Cristiano (famoso per essersi presentato alla comunione del figlio a bordo di una Ferrari, prima di diventare collaboratore di giustizia). Il documento, che avrebbe dovuto essere notificato il 13 dicembre 2016, sarebbe stato inserito nei registri solo il 27 dicembre, subito dopo un controllo su Cristiano.

Inoltre, il carabiniere avrebbe redatto una falsa relazione di buona condotta per lo stesso Cristiano, ottenendo in cambio un ulteriore compenso in denaro dal clan.

Ma l’inchiesta ha portato alla luce altri gravi episodi:

  • Il 4 dicembre 2017, avrebbe omesso di eseguire un decreto di fermo nei confronti di alcuni membri del clan.
  • Il 5 febbraio 2018, avrebbe avvisato alcuni affiliati dell’imminente esecuzione di un’ordinanza a loro carico, permettendo così la fuga di due indagati.
  • Avrebbe inoltre fatto sparire prove compromettenti dal rifugio di Russo e rimosso i dispositivi di videosorveglianza che avrebbero potuto inchiodare il clan.

Un’infiltrazione nell’Arma per proteggere il clan

Secondo gli investigatori, il luogotenente rappresentava un’arma segreta per l’organizzazione criminale, fornendo informazioni utili per evitare arresti e controlli. Avrebbe persino avvisato i boss della presenza di telecamere installate dagli inquirenti, spiegando come gli investigatori le avessero posizionate fingendosi tecnici di Sky.

L’ordine di custodia cautelare in carcere è stato emesso nei confronti del carabiniere e di tre membri del clan. Le accuse, aggravate dall’associazione mafiosa, comprendono rivelazione di segreto d’ufficio, corruzione e favoreggiamento.

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