Una capotreno è stata aggredita e molestata da quattro uomini; ad aiutarla è stato il macchinista di un regionale fermo nella stazione di Poggio Rusco (Mantova), che in tutta risposta è stato riempito di botte.
A denunciare il fatto è il sindacato Fit-Cisl Emilia-Romagna che parla di “emergenza” per quanto riguarda le aggressioni al personale delle ferrovie.
La donna – pubblico ufficiale – era intervenuta dopo essersi accorta di alcune situazioni strane nelle carrozze: l’aria condizionata che veniva accesa e spenta in continuazione, finestrini bloccati che venivano aperti: azioni possibili solo da chi è in possesso della chiave tripla, in dotazione al personale delle ferrovie.
La capotreno – dipendente di Tper Trenitalia – ha quindi affrontato i quattro uomini, che l’hanno accerchiata e palpeggiata.
Dalla vicina cabina di guida è intervenuto il macchinista, che aveva udito le urla della collega, ma, denuncia il sindacato, “è stato massacrato di calci e pugni, con uno dei quattro aggressori che si è introdotto persino nella stessa cabina per cercare di rubargli il cellulare”.
“La situazione non è solo critica, anzi ribadisco per l’ennesima volta che si tratta di una vera e propria emergenza. Capitreno e personale sono terrorizzati e allo stremo”, spiega Aldo Cosenza, segretario regionale Fit.
“La vera soluzione per il problema aggressioni riguarda le infrastrutture e non ci stancheremo mai di chiedere a tutte le parti in causa (Rfi, Regione e aziende) che l’accesso ai binari delle stazioni, e quindi ai treni, avvenga solo con il biglietto. Otto aggressioni su 10 non ci sarebbero più.
Bisogna installare i tornelli, ma non solo, anche porte che si aprono solo con l’inserimento del codice del biglietto.
Nelle piccole stazioni, ad esempio, si può cominciare a chiudere l’accesso ai binari con reti metalliche e predisporre una sola porta per l’ingresso”, conclude il sindacalista.
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Tanto per curiosità, si può sapere di che nazionalità erano questi “signori”?