Riportiamo dal sito AVVOCATOMILITARE.IT una sentenza riguardante un capitano dell’Arma dei Carabinieri, condannato a 2 mesi e 20 giorni di reclusione per il reato di “rivelazione di segreti d’ufficio” dalla Corte di Appello nel 2013.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8933 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Castiello, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Cerbara, 64;
contro
Ministero della Difesa e Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS-, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 il Cons. Fabrizio D’Alessandri e dato della richiesta di passaggio in decisione dell’avvocato Zampollo;
Svolgimento del processo
Parte appellante impugna la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, sez. I bis, n. -OMISSIS-, che ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento del Ministero Difesa del 25 agosto 2015, con cui è stato promosso al grado di Maggiore, ai sensi dell’art. 155, comma 1 D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con anzianità dal 1 settembre 2015 anziché dal 1 settembre 2012.
In particolare l’odierno appellante, capitano dell’Arma dei Carabinieri, è stato condannato a 2 mesi e 20 giorni di reclusione per il reato di “rivelazione di segreti d’ufficio” dalla Corte di Appello di -OMISSIS-, con sentenza del 18.4.2013 e il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile in data 27.3.2014.
Per il medesimo fatto l’odierno appellante è stato inoltre sottoposto in data 23.6.2014 a procedimento disciplinare, conclusosi con l’irrogazione della sanzione di corpo della consegna di rigore per due giorni.
Con Det. del 27 agosto 2015 l’odierno ricorrente è stato incluso nell’elenco degli Ufficiali promossi al grado di Maggiore, ai sensi dell’art. 155 D.Lgs. n. 66 del 2010, con anzianità dall’1.9.2015.
Ha impugnato dinanzi al T.A.R. -OMISSIS- quest’ultimo provvedimento nella parte in cui non ha disposto la decorrenza retroattiva all’1.9.2012.
A supporto del ricorso ha invocato il portato degli artt. 1051 e 1085 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che sarebbero stati erroneamente interpretati dall’Amministrazione militare e, in particolare, il citato art. 1085 sarebbe stato ingiustificatamente disapplicato.
L’adito T.A.R., con la sentenza gravata, ha rigettato il ricorso non ritenendo applicabile il disposto del comma 2 dell’art. 1085 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che prevede la promozione del militare nei cui confronti il procedimento disciplinare si sia concluso in senso favorevole, con l’anzianità che sarebbe spettata se la promozione avesse avuto luogo a suo tempo.
Parte appellante ha impugnato la sentenza formulando i seguenti rubricati motivi di appello:
I- Error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 1051 2 comma e 1085 2 comma del codice ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010 s.m.i.) – Violazione del principio di tassatività delle cause limitative della capacità giuridica – Travisamento dei fatti – Difetto di motivazione – Manifesta ingiustizia;
II – Error in iudicando: violazione art. 12 disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 1085, comma 2, com. violazione del criterio dell’interpretazione costituzionalmente orientata.
III – Violazione del principio di ragionevolezza – violazione art. 3 cost. – disparità di trattamento – violazione art. 97 cost.
Si è costituito in appello, con memoria formale, il Ministero della Difesa.
Parte ricorrente ha depositato un’ulteriore memoria difensiva.
All’udienza pubblica del 23.2.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1) L’appello è infondato.
2) Il comma 2 dell’art. 1051 del D.Lgs. n. 66 del 2010 prevede, come cause di esclusione dalle procedure di avanzamento, le circostanze che il militare sia stato:
a) rinviato a giudizio o ammesso ai riti alternativi per delitto non colposo;
b) sottoposto a procedimento disciplinare da cui può derivare una sanzione di stato;
c) sospeso dall’impiego o dalle funzioni del grado;
d) in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a 60 giorni.
Il medesimo articolo, al successivo comma 7, prevede che “al venir meno delle predette cause, salvo che le stesse non comportino la cessazione dal servizio permanente, gli interessati sono inclusi nella prima aliquota utile per la valutazione o sono sottoposti a valutazione”.
L’art. 1085, comma 1, del D.Lgs. n. 66 del 2010 contempla che, una volta cessate le cause impeditive della valutazione o della promozione previste dagli artt. 1051, comma 2 e 1073 del medesimo decreto legislativo – tra cui la sottoposizione del militare a procedimento disciplinare – l’ufficiale “è valutato o nuovamente valutato per l’avanzamento, cessata la causa impeditiva della valutazione o della promozione”.
Il comma 2 del citato art. 1085 precisa che “all’ufficiale nei cui riguardi il procedimento disciplinare si è concluso in senso favorevole o per il quale è stata revocata la sospensione dall’impiego di carattere precauzionale o che è stato in aspettativa per infermità dipendente da causa di servizio, quando è valutato o nuovamente valutato, si applicano le disposizioni seguenti: a) l’ufficiale appartenente a grado nel quale l’avanzamento ha luogo ad anzianità, se giudicato idoneo e già raggiunto dal turno di promozione, è promosso anche se non esiste vacanza nel grado superiore, con l’anzianità che sarebbe spettata se la promozione avesse avuto luogo a suo tempo…”.
3) In punto di fatto nel caso di specie l’appellante al termine del giudizio penale è stato sottoposto, in data 23.6.2014, a procedimento disciplinare e per tale ragione è stato escluso dalle procedure di avanzamento, ai sensi dell’indicato art. 1051, comma 2, del D.Lgs. n. 66 del 2010.
Il procedimento disciplinare si è concluso con la sanzione di corpo di due giorni di consegna di rigore e l’appellante è stato valutato ai fini della promozione senza tuttavia l’attribuzione retroattiva dell’anzianità di servizio, ai sensi del comma 2 dell’art. 1085 del D.Lgs. n. 66 del 2010, ovverosia “con l’anzianità che sarebbe spettata se la promozione avesse avuto luogo a suo tempo”. Gli è stata infatti riconosciuta la promozione al grado di maggiore con decorrenza 1 settembre 2015, anziché, come da lui invocato, con decorrenza 1 settembre 2012.
4) In punto di diritto, il medesimo comma 2 pone la condizione – per ottenere la retrodatazione dell’anzianità per la promozione al venir meno della causa impeditiva della sottoposizione a giudizio disciplinare – che il procedimento disciplinare si sia “concluso in senso favorevole”.
La tesi sostenuta dall’amministrazione appellata e recepita nella sentenza gravata è che quest’ultima condizione debba essere intesa in senso assoluto, come necessità che il procedimento disciplinare si sia concluso senza la comminazione di alcuna sanzione.
L’appellante sostiene, al contrario, che tale condizione debba essere letta e interpretata in stretta correlazione con il comma 2 dell’art. 1051 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che prevede la temporanea esclusione dalle procedure di avanzamento solo nel caso di sottoposizione a procedimento disciplinare da cui può derivare una sanzione di stato. In sostanza, secondo l’appellante, il procedimento disciplinare dovrebbe considerarsi concluso in senso favorevole, ai fini della retrodatazione dell’anzianità della successiva promozione, anche nell’ipotesi in esame, in cui il procedimento disciplinare abbia dato luogo a una sanzione di natura diversa e più lieve di quella di stato.
La tesi dell’appellante è fondata per ragioni inerenti alla ratio delle disposizioni in esame e di coerenza sistematiche.
Invero la ratio delle disposizioni in questione è, da un lato, quella di sospendere il procedimento di avanzamento nelle more di un procedimento disciplinare che potrebbe “sfociare” in una (più grave) sanzione di stato (art. 1051 comma 2) e, dall’altro, porre una norma di favor per il militare, che riapra con effetto di retrodatazione la valutazione di avanzamento al termine del procedimento disciplinare qualora tale sanzione non venga comminata, al fine di elidere gli effetti negativi della sospensione (art. 1085, comma 2).
Non vi è ragione per non applicare il combinato disposto di tali disposizioni qualora venga comminata una sanzione di specie diversa (e meno grave), come una sanzione di corpo.
Qualora infatti il procedimento disciplinare fosse stato correttamente instaurato sin dall’inizio, con una imputazione comportate una sanzione di corpo, la sospensione del procedimento di promozione non avrebbe potuto avere luogo e l’effetto sospensivo non si sarebbe prodotto ab origine, per cui il soggetto interessato non avrebbe avuto bisogno di alcuna retrodatazione, potendo conseguire immediatamente la promozione anche in costanza di procedimento disciplinare.
E’ evidente, quindi, come l’inziale imputazione fatta dall’Amministrazione in sede di procedimento disciplinare, che ha instaurato il procedimento ai fini di una sanzione di stato, in luogo della sanzione di corpo poi in concreto comminata, non possa andare a detrimento dell’interessato, impedendogli di conseguire la promozione con l’anzianità che gli sarebbe spettata qualora l’imputazione fosse stata sin dall’inizio corretta, cioè calibrata con riferimento alla previsione di comminare una sanzione di corpo e non di stato.
In conclusione, pertanto, l’indicata norma che prevede la retrodatazione deve essere applicata anche nel caso in cui la procedura di avanzamento sia stata sospesa per la pendenza di un procedimento disciplinare da cui in potenza poteva “derivare una sanzione di stato”, ma che in concreto si sia tradotto nella comminazione di una più lieve sanzione di corpo, dovendosi anche in questo caso considerare il procedimento “concluso in senso favorevole” ai fini dell’applicazione della norma in esame.
4) Per le suesposte ragioni l’appello va accolto.
La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), e le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di appellata, annulla l’atto gravato nei sensi di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, quantificate in euro 5.000,00 (cinquemila), oltre accessori se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante e i terzi