Cantava “maresciallo non ci prendi”: arrestato dalla Squadra mobile Niko Pandetta. Deve scontare 4 anni di carcere per spaccio ed evasione

Pandetta Niko
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Nella sua hit «Pistole nella Fendi», inno della malavita social, canta «maresciallo non ci prendi», ma ora Niko Pandetta, nipote del boss catanese Turi Cappello, è stato arrestato dalla polizia di Milano. Ha un ordine di carcerazione per spaccio ed evasione a 4 anni e mezzo e si era sottratto alla cattura nei giorni scorsi.

Il cantante è stato rintracciato a Quarto Oggiaro nella mattinata di mercoledì 19 ottobre. Aveva con sé 12 mila euro in contanti: «Ho appena firmato un contratto milionario», ha detto agli agenti. Pandetta era alloggiato in un b&b di via Francesco Paolo Michetti, alla Bovisa, insieme al suo manager albanese 33enne. I poliziotti della Prima sezione della squadra Mobile che si occupano di criminalità organizzata e latitanti, diretti da Marco Calì e Nicola Lelario, già nella giornata di martedì si erano appostati nei dintorni del b&b, ma il cantante era rimasto all’interno per tutto il giorno.

Poi intorno alle 8 di mercoledì mattina lo hanno visto uscire con un cappuccio calato sulla testa e salire su un’auto guidata da un italiano di 38 anni, con precedenti per falso e residente a Milano. Gli agenti hanno seguito la vettura per alcuni chilometri e poi hanno deciso di bloccarla in sicurezza mentre era in coda al semaforo tra via Lessona e via Aldini a Quarto Oggiaro. Il cantante era sorpreso alla vista dei poliziotti. Poi, una volta in questura si è tranquillizzato e ha spiegato agli investigatori che sarebbe rientrato a breve a Catania per consegnarsi.

Ad incastrare Pandetta anche alcuni post sui social degli ultimi giorni, quando si era sottratto all’ordine di carcerazione, dove si era «taggato» a Milano. Il 12 ottobre il Tribunale di Catania ha emesso l’ordine di carcerazione. Ma quando i poliziotti della Mobile sono andati a cercarlo al suo domicilio lui non c’era.

Così hanno subito avvertito i colleghi milanesi visto che seguendo le tracce del suo entourage era chiaro che Pandetta si fosse spostato verso Nord. Come consuetudine in questi giorni ha lasciato una lunga scia di post sui social. In uno di questi aveva scritto: «Sono abituato agli spazi stretti, alle case piccole, alle celle, alla scena italiana. Quando tornerò là mi porterò il vostro affetto. Da dentro vi darò nuova musica. Uscirò e mi vedrete più forte di prima».

Quando è stato fermato ha detto agli agenti di essere venuto a Milano per firmare un contratto discografico milionario e che poi si sarebbe consegnato in carcere in Sicilia. In una borsa aveva 12 mila euro in contanti. Niko Pandetta, all’anagrafe Vincenzo Pandetta, ha 31 anni ed un passato (e un presente) turbolento. Gli inizi della carriera sono in stile neomelodico poi il passaggio al mondo della trap. Ai suoi esordi dedica una canzone allo zio Salvatore «Turi» Cappello, boss catanese di Cosa nostra in cella al 41 bis dal 1993.

La sua hit più famosa è però più recente e si intitola «Pistole nella Fendi» che vince un disco d’oro, nel testo continui rimandi al traffico di droga, all’onore, all’omertà e all’odio verso polizia e carabinieri. Una canzone che è diventata in breve tempo un tormentone sui social dove Pandetta ha oltre 709 mila follower su Instagram e 400 mila su TikTok.

Nonostante molte prefetture d’Italia gli abbiano più volte impedito di fare concerti live per i suoi testi in cui esalta la mafia, Pandetta, origini catanesi, è un habitué di Milano: locali, discoteche, serate esagerate nella movida Vip. L’ultima apparizione a Milano in Curva Sud durante il Derby dello scorso 3 settembre: era tra i tifosi del Milan ad intonare i cori al microfono. Sui social anche un filmato mentre intona «Pistole nella Fendi» dalla balaustra di San Siro.

Nei giorni scorsi, dopo la condanna definitiva in Cassazione, Pandetta aveva pubblicato un video su TikTok nel quale si diceva pronto ad affrontare il carcere e che non avrebbe mai smesso di fare musica anche dietro le sbarre. Poi il dietrofront e la fuga a mille chilometri dalla Sicilia sfruttando le sue conoscenze (criminali) milanesi.

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