“Cattivo, cosa hai fatto alla mamma? Chiamo i carabinieri”. Lo ripeteva una bambina davanti al compagno della madre che, quasi quotidianamente, picchiava la donna tra le pareti domestiche. Un agente di polizia, originario di Gallipoli, è finito ai domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate e minaccia così come disposto dal gip Angelo Zizzari su richiesta della pm Rosaria Petrolo.
La misura di custodia è stata confermata dal gip dopo una prima istanza di scarcerazione depositata subito dopo l’udienza di convalida in cui il poliziotto ha negato gli addebiti. La richiesta di scarcerazione passerà ora al vaglio del Tribunale del Riesame a cui l’avvocato difensore Roberto De Mitri Aymone ha già fatto ricorso.
Nel frattempo l’agente ha messo volontariamente a disposizione della pm i propri telefoni cellulari per far eseguire un accertamento tecnico irripetibile.
Per ricostruire la faccenda, al momento, c’è il racconto della donna che, dopo anni di soprusi e angherie ha deciso di denunciare tutto ai carabinieri. L’uomo, secondo la denuncia, picchiava ripetutamente la compagna assumendo nei suoi riguardi atteggiamenti autoritari e prevaricatori precludendole l’utilizzo dei social network.
Offese, insulti e persino la pretesa di conoscere in tempo reale gli spostamenti della donna verificando la fondatezza dei movimenti condividendo la posizione gps. E poi episodi di violenza fisica anche quando un collega di lavoro della compagna le aveva fatto delle avances invitandola a cena.Una situazione insostenibile che ha convinto la donna a rassegnare le dimissioni dal posto di lavoro per l’eccessiva gelosia del poliziotto.
In una circostanza, l’agente avrebbe aggredito la donna perché non soddisfatto della pulizia della casa in attesa di ospiti per cena (agosto 2021). E poi calci e pugni sol perché un collega aveva osato salutarla con un “Ciao bella, sei arrivata?”.
In alcuni casi la donna è dovuta ricorrere alle cure dei medici dell’ospedale. In particolare il 20 gennaio del 2022 e il 19 giugno dello stesso anno con prognosi finali di dieci e sette giorni. Le angherie sarebbero proseguite anche quando la donna decise di abbandonare l’abitazione familiare e fare rientro nel paese di origine. Telefonate, messaggi continui e a tutte le ore.
Per il giudice, le dichiarazioni della persona offesa superano, senza ombra di dubbio, il vaglio della credibilità e dell’attendibilità del suo racconto. Inoltre, le dichiarazioni hanno trovato riscontro in tali atti d’indagine se si considera che gli atti di violenza si verificavano alla presenza della figlia piccola.
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