Gli agenti delle forze dell’ordine possono usare le body cam (piccole videocamere che possono essere facilmente indossate) per “documentare situazioni critiche di ordine pubblico in occasione di eventi o manifestazioni“, ma non possono sfruttarle per il riconoscimento facciale e l’identificazione univoca.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha dato parere positivo al Ministero dell’Interno, ma a una precisa condizione: “Le videocamere indossabili in uso al personale dei reparti mobili incaricato potranno essere attivate solo in presenza di concrete e reali situazioni di pericolo di turbamento dell’ordine pubblico o di fatti di reato“. Non è ammessa, quindi, la “registrazione continua delle immagini” e la ripresa di “episodi non critici“.
I dati raccolti riguardano audio, video e foto delle persone riprese, data, ora della registrazione e coordinate di geolocalizzazione. Queste informazioni sono a disposizione delle forze dell’ordine “con diversi livelli di accessibilità e sicurezza” per le attività di accertamento, ma potranno essere conservati per massimo sei mesi.
Per altro, la cancellazione di tali dati dovrà essere automatica trascorso tale periodo di tempo per rispettare il principio di “privacy by default”.
Il Ministero dell’Interno e l’Arma dei Carabinieri non ritenevano necessario la consultazione del Garante della privacy. Per quest’ultimo, invece, ciò era “dovuta” in quanto le persone eventualmente riprese dalle body cam degli agenti corrono rischi “anche molto elevati”: dalla discriminazione alla sostituzione d’identità, al pregiudizio per la reputazione, all’ingiusta privazione di diritti e libertà.