Avvisò il figlio spacciatore dei controlli dei colleghi: Carabiniere condannato dalla Corte dei conti a risarcire l’Arma

Carabinieri a processo per Swatch
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Nel 2014 era finito ai domiciliari con l’accusa di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Il carabiniere ora in pensione, all’epoca in servizio alla stazione di Ferentillo, dopo aver saputo delle indagini in corso, avrebbe “aiutato” suo figlio, coinvolto in un giro di spaccio di droghe leggere, ad eludere i controlli dei suoi colleghi.

La vicenda penale si è chiusa nel 2020, quando il militare fu condannato in primo grado a sei mesi di reclusione per gli “aiuti” a suo figlio. In attesa dell’esito del ricorso in appello arriva la scure della corte dei conti dell’Umbria.

Che ha condannato il carabiniere a pagare quasi seimila euro all’arma per “danno erariale da disservizio”.

Per l’accusa il militare “da gennaio a giugno 2014, nelle località di Arrone, Ferentillo e Terni, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusando della sua qualità di appuntato dei carabinieri” avrebbe  “avvisato il figlio dell’esistenza di indagini e di servizi di controllo a suo carico, al fine di proteggerlo da un eventuale arresto e salvaguardare l’indebito profitto da lui tratto dalla vendita di sostanze stupefacenti. 

È risultato, dalle moltissime intercettazioni effettuate – si legge nella sentenza della magistratura contabile – che egli era ben a conoscenza dell’attività svolta dal figlio e che, invece di redarguirlo, lo aiutava ad eludere i controlli dell’arma.

Spingendosi addirittura, personalmente, fuori dalla propria giurisdizione anche con l’auto di servizio per accertarsi che non vi fossero pericoli per il figlio”. Per la corte dei conti “da intercettazioni e pedinamenti è possibile evincere che il militare abbia “fornito specifiche informazioni (estese persino al tipo di veicolo utilizzato dagli inquirenti in borghese per i controlli),  finalizzate a consentirgli di eludere l’attività investigativa intrapresa a suo carico dai carabinieri della stazione di Arrone.

Tanto che il figlio, che inizialmente si aggirava intorno ad un quantitativo settimanale di un chilogrammo di hashish e marijuana, aveva ridotto l’attività di spaccio ed evitato di utilizzare, per la medesima, il telefono cellulare per fissare gli appuntamenti con gli acquirenti della droga”.

Nella sentenza di condanna del militare si legge che “la  disfunzione al servizio pubblico arrecata a causa  della sua attività illecita è stata ampiamente dimostrata, poiché dalle intercettazioni è risultato acclarato che egli ha arrecato nocumento e ostacolo all’attività investigativa dei suoi colleghi di arma della Stazione di Arrone, consentendo  al figlio di sottrarsi all’arresto nonostante trafficasse stupefacenti dal 2011”.

www.ilmessaggero.it

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