Da oltre tre anni si sta battendo per poter tornare a indossare la divisa che tanto ama. Arianna Virgolino, 34 anni, ex poliziotta in servizio alla Stradale di Guardamiglio (Lodi), non si arrende dopo essere stata espulsa il 7 novembre 2019 dalla Polizia per un tatuaggio sul polso (rimosso con dolorose sedute di laser già prima del concorso).
A pesare come un macigno è la sentenza del Consiglio di Stato che oltre 36 mesi fa ha accolto il ricorso del ministero dell’Interno, definendo l’agente Virgolino un «nocumento all’immagine della Polizia di Stato» per la cicatrice di una coroncina tatuata per festeggiare i 18 anni.
Per Virgolino resta ancora oggi una decisione che sa tanto di doppia beffa, proprio perché la sentenza che aveva decretato la sua espulsione era arrivata qualche ora dopo aver ricevuto un riconoscimento dall’allora prefetto di Lodi Marcello Cardona, che l’aveva premiata per aver sedato una violenta rissa a Casalpusterlengo mentre era fuori servizio.
Per tutti questi elementi, la vicenda che ha travolto la 34enne aveva fatto molto discutere l’opinione pubblica, con tanto di prese di posizione molto forti anche da parte della politica nazionale.
Tra il 2020 e il 2021 il suo caso era finito in Parlamento, tramite il Movimento 5 Stelle, con un disegno di legge depositato per eliminare dal regolamento della Polizia di Stato la normativa che vieta la presenza di tatuaggi su parti del corpo visibili con la divisa.
Ma lo strano caso di Arianna aveva anche interessato Giorgia Meloni, all’epoca solo leader di Fratelli d’Italia, che, tramite un post sui social pubblicato il 18 agosto 2020, aveva voluto dimostrare sostegno e vicinanza alla giovane poliziotta esclusa: «Una storia che lascia di stucco – aveva scritto Meloni -.
Un poliziotto dovrebbe essere giudicato per le sue capacità professionali, per l’abnegazione e lo spirito di servizio: tutte doti che la giovane agente ha dimostrato di avere».
Parole che non ha mai dimenticato Arianna Virgolino, che oggi ha deciso di lanciare un appello alla premier per provare a risolvere il suo calvario. «Chiedo alla presidente del Consiglio Meloni di aiutarmi, di ascoltare le mie parole, di riprendere in mano la mia vicenda – dice la 34enne -. Sono vittima di un’ingiustizia, una vicenda che ha stravolto la mia vita e quella della mia famiglia.
Ho sempre dimostrato di essere un poliziotto valido, in grado di fare al meglio il proprio lavoro. Per questo ho deciso di riprendere le parole del presidente del Consiglio: il 18 agosto 2020, appena emersa la mia vicenda, lei stessa aveva scritto un post in mio sostegno. Aveva preso a cuore tutto quello che mi era accaduto. Ora, come capo del Governo, può agire e provare a risolvere la mia vicenda».
Virgolino, madre di un bambino di 11 anni, oggi lavora come receptionist di un hotel a Castelnuovo del Garda (Verona), ma quotidianamente non smette di pensare a tutto quello che le è accaduto negli ultimi tre anni. Da quel concorso vinto nel 2018, al suo sogno realizzato di indossare la divisa con orgoglio e sacrificio, all’esclusione per la cicatrice sul polso.
Non vuole arrendersi, per questo negli anni ha lanciato numerosi appelli, prima in televisione, poi in forma privata direttamente all’ex capo della Polizia Franco Gabrielli, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al campione olimpico dei 100 metri Marcell Jacobs, completamente ricoperto di tatuaggi, oggi simbolo della Polizia di Stato. «In questi tre anni non è cambiato molto – racconta Virgolino -.
C’è stato un processo penale con la condanna in primo grado del postino che non aveva consegnato la notifica dell’appello dichiarando falsamente irreperibile lo studio del mio legale. Ma non basta questo. Chiedo alla magistratura di andare avanti, di continuare a indagare su una vicenda che merita verità. Non voglio fermarmi». milano.corriere.it