La Corte di giustizia UE ha stabilito che le ferie non godute devono essere pagate quando un lavoratore del pubblico impiego si dimette senza averne usufruito, annullando il divieto italiano di monetizzazione per i dipendenti pubblici, anche per ragioni di contenimento della spesa pubblica.
Questo rafforza la parità di trattamento tra settori pubblico e privato, in linea con le recenti sentenze del Tar del Lazio sulla disparità delle visite fiscali e della Consulta sull’incostituzionalità del differimento del trattamento di fine servizio (Tfs).
Tfs dipendenti pubblici: proposta di legge per accelerare i tempi di erogazione
Il caso in questione riguardava un funzionario del Comune di Copertino, nel Leccese, che nel 2016 si è dimesso per andare in prepensionamento, richiedendo il pagamento dei 79 giorni di ferie non godute durante il suo impiego.
Visita la sezione “Avvocato militare InfoDivise”
Il Comune ha rifiutato sostenendo che il dipendente era consapevole dell’obbligo di usufruire delle ferie prima delle dimissioni e che non poteva monetizzarle, citando la normativa italiana che nega un’indennità finanziaria per ferie non godute ai dipendenti pubblici al termine del rapporto di lavoro.
Il Tribunale di Lecce ha messo in discussione la conformità di questa normativa alla direttiva UE sull’orario di lavoro. La Corte di giustizia UE ha confermato che la normativa italiana non è in linea con quella europea, affermando che il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, compresa la monetizzazione, non può essere condizionato da considerazioni economiche come il contenimento della spesa pubblica.
L’unico caso in cui un dipendente può perdere questo diritto è se decide volontariamente di non usufruire delle ferie nonostante l’invito del datore di lavoro, con la consapevolezza del rischio di perderle.