Gli investigatori della polizia postale sono riusciti a entrare ancora una volta nei segreti più oscuri della rete. Con l’autorizzazione della procura di Palermo si sono finti pedofili on line, hanno conquistato la fiducia degli orchi e sono risaliti ai responsabili dell’ennesimo giro di pedopornografia. Un’indagine durata un anno e mezzo. Sono 13 gli arresti scattati in tutta Italia durante le perquisizioni fatte negli ultimi mesi. Ventuno le persone denunciate a piede libero, per divulgazione, cessione e detenzione di materiale pedopornografico.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Annamaria Picozzi, è stata condotta dal compartimento di polizia postale e delle comunicazioni per la Sicilia occidentale, con il sostegno del Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia on line.
Perquisizioni e arresti sono stati eseguiti con gli uffici della polizia postale di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Milano, Napoli, Pescara, Reggio Calabria, Roma, Torino e Trento. Spiegano gli investigatori: “E’ stata ricostruita l’intera rete di rapporti, tra cittadini italiani e stranieri, che detenevano e scambiavano su internet, foto e video ritraenti atti sessuali tra adulti e minori, violenze sessuali subite da bambini, e talvolta anche contenuti pedopornografici realizzati in danno di neonati”. Sono stati sequestrati più di duecentocinquantamila file: pen drive e supporti informatici erano nascosti nei posti più impensabili, persino in confezioni per farmaci, o negli uffici degli indagati.
Sotto inchiesta sono finiti tanti insospettabili, anche un ufficiale della Guardia di finanza in servizio a Cagliari, è stato arrestato a gennaio: “Come sovente si registra nel contrasto a reati di tal specie – spiegano ancora dalla polizia postale – si segnala la assoluta varietà dei profili e delle età dei soggetti coinvolti, dal lavoratore autonomo al lavoratore dipendente, da chi possiede un titolo di studio di base al laureato. Ciò, a testimonianza della diffusione trasversale del fenomeno, che ci impegna quotidianamente nell’incessante attività di prevenzione e contrasto”. L’inchiesta prosegue, a livello internazionale, soprattutto per provare a dare un nome alle piccole vittime degli abusi.