Morte del sergente Mirko Rossi, il Tribunale: “Il medico non sapeva intubare”. L’Aeronautica replica: “Tutti i sanitari militari addestrati a rianimare”

sergente Mirko Rossi Aeronautica

Aeronautica segrente Mirko Rossi – “L’imputato non avrebbe avuto alcuna possibilità di operare sul traumatizzato non possedendo alcuna delle qualifiche che abilitano alla intubazione oro-tracheale”. “Doveroso sottolineare che tutti gli ufficiali medici dell’Aeronautica Militare sono formati ed abilitati al BLS (Basic Life Support) e all’ACLS (Advanced Cardiovascular Life Support), manovre di base che non richiedono specializzazioni”. Nell’inchiesta sulla morte del sergente dell’Aeronautica Mirko Rossi, avvenuta il 28 novembre del 2017 nel corso di una esercitazione nell’aeroporto militare di Guidonia, si è arrivati forse a una svolta.

La guerra di perizie

Se infatti le guerra di perizie di medici legali – della procura, dell’Aeronautica e della vittima, ovvero della moglie dell’istruttore paracadutista Rossi, morto dopo 140 minuti dall’impatto prima contro una palazzina dell’aeroporto militare di Guidonia e poi al suolo da un’altezza di 4 metri – portava a versioni differenti sulla morte del maggiore, oggi si è giunti a un punto fermo. La svolta arriva il 21 maggio scorso col deposito, alla procura di Tivoli, di una perizia del Tribunale che scagionerebbe l’unico indagato di questo procedimento, per puntare il dito contro l’Aeronautica.

E così il medico Luigi Mossa, il dottore che era di guardia il giorno dell’esercitazione paracadutistica e che per 18 minuti è stato irreperibile in quanto – si legge nelle carte – “impegnato in una telefonata privata per gravi motivi non meglio precisati”, sembra non avere più responsabilità.

L’incidente del sergente Mirko Rossi nel novembre 2017

Torniamo al giorno dell’incidente e al mancato soccorso del dottor Mossa. Quindici e quaranta del pomeriggio. Era in corso il quinto volo e lancio col paracadute della giornata: quattro paracadutisti concludono la loro esercitazione, Mirko Rossi, “istruttore qualificato ed esperto” del 17esimo Stormo Incursori, reparto d’eccellenza per l’Aeronautica, in qualità di direttore della squadra, si lancia per ultimo. L’uomo, piacentino, poco più di 40 anni, una volta entrato nel circuito di atterraggio – questo mostrano i filmati dei video sequestrati – a una velocità di circa 100km orari, vira a sinistra e sbatte contro una palazzina, poi precipita a terra.

Due minuti dopo arriva un’ambulanza militare con due infermieri e un autista soccorritore. Rossi è pallido, respira a fatica ma è vivo. Gli infermieri fanno tutto ciò che prevede il protocollo, chiamano anche un’eliambulanza una volta capita la gravità della situazione. Cercano ovunque il medico di turno, ma lui non c’è. Non si trova, non risponde.

Omicidio colposo e abbandono del lavoro

Diciotto minuti dopo le chiamate degli infermieri e quindi 20 minuti dopo l’accaduto il dottor Mossa arriva sul luogo dell’incidente in contemporanea all’eliambulanza del 118. Ma dopo 140 minuti il parà muore per non essere stato soccorso a dovere in quello che in gergo medico si chiamano “i platinum 10 minutes”, ovvero i primi dieci minuti di soccorso a un politraumatizzato.

Questa “negligenza”, così scrive la procura, porta il medico militare Mossa all’iscrizione nel registro degli indagati con due accuse. La prima è omicidio colposo “in quanto nella violazione della consegna ricevuta, omettendo di prestare tempestiva assistenza al sergente maggiore Mirko Rossi cagionava il suo decesso, omettendo in considerazione della sua assenza nei primi minuti dopo la caduta di praticare le manovre di primo soccorso e rianimazione con supporto ossigenativo, ventilatorio e cardiocircolatorio, omissioni che determinavano il peggioramento dei parametri vitali di Rossi e il suo decesso per edema cerebrale”. La seconda accusa è abbandono del posto di lavoro.

Le accuse all’Aeronautica

Restiamo all’accusa più grave che ha portato al deposito della perizia dello scorso maggio con cui in pratica il medico militare indagato – per mano dei un perito del tribunale – in qualche modo passa la responsabilità di questa morte all’Aeronautica militare.

Si legge nel documento firmato dal perito, Roberto Testi: “Ritengo si debba osservare che se è possibile ipotizzare che una rianimazione qualificata nei primi minuti dopo il trauma avrebbe potuto aumentare le chance di sopravvivenza del sergente Rossi, non ritengo possibile affermare che se il dottor Mossa, specialista in ortopedia, odierno imputato, fosse giunto sul luogo dell’incidente a bordo dell’ambulanza avrebbe avuto alcuna possibilità di operare sul traumatizzato assicurandogli una efficace rianimazione respiratoria, non possedendo alcuna delle qualifiche che abilitano alla intubazione oro-tracheale”.

Il paradosso delle responsabilità

“Siamo davanti a un paradosso e il gioco delle responsabilità non giova alla verità volta a chiarire come la morte di un giovane e valido militare avrebbe potuto essere evitata”, esplode Mariapaola Marro, avvocato difensore della moglie del sergente dell’Aeronautica Mirko Rossi. “Qualora infatti si dovesse considerare corretta l’affermazione del consulente del Tribunale secondo cui, essendo l’incolpato un ortopedico, costui anche se fosse intervenuto tempestivamente non avrebbe potuto salvare il sergente, si dovrebbe conseguentemente affermare che l’Aeronautica Militare non provvede a far sì che svolgano le funzioni di pronto soccorso soltanto e unicamente i medici idonei a supportare simili emergenze.

Non è sufficiente quindi che, come nel caso di specie, su un’ambulanza militare vi siano tutte le apparecchiature idonee per un intervento di emergenza qualora non vi sia anche e soprattutto personale medico istruito e specializzato atto ad utilizzarle”.

Medici formati alla rianimazione

Possibile quindi che un medico arruolato per una esercitazione non sappia rianimare? Abbiamo girato questi interrogativi allo Stato Maggiore dell’Aeronautica che così ha risposto: “Il caso del tragico incidente che portò purtroppo alla scomparsa del sergente dell’Aeronautica Mirko Rossi e che rappresenta una pagina dolorosa per la Forza Armata, è tuttora oggetto di un procedimento giudiziario da parte della magistratura, alla quale la Forza Armata ha fornito da subito tutti gli elementi richiesti utili a fare piena luce sull’accaduto.

Per la necessaria riservatezza non è pertanto possibile rilasciare elementi di dettaglio in merito al caso specifico. Tuttavia, astraendoci dal caso di specie, è doveroso sottolineare che tutti gli Ufficiali medici dell’Aeronautica Militare sono formati ed abilitati al BLS (Basic Life Support) e all’ACLS (Advanced Cardiovascular Life Support), manovre di base che non richiedono specializzazioni”. A dicembre è fissata la prossima udienza. fonte: repubblica.it

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