Colonnello dei carabinieri a rischio processo: la Procura di Enna ha chiesto il rinvio a giudizio per tentativo di induzione indebita a dare o promettere utilità per un colonnello dei carabinieri attualmente in servizio al Comando Legione Puglia.
La notizia è emersa al processo che si celebra nella città siciliana contro Giuseppe Rugolo, il prete agli arresti domiciliari dallo scorso 27 aprile per violenza sessuale a danno di minori. Nel corso dell’udienza di ieri sono stati sentiti gli ufficiali di Polizia giudiziaria che hanno confermato che il colonnello avrebbe consigliato al vescovo Rosario Gisana di cambiare avvocato per un presunto coinvolgimento di questo in indagini per associazione mafiosa in cambio dell’appoggio da parte dell’alto prelato per diventare Cavaliere del Santo Sepolcro .
Secondo l’accusa, fu il colonnello dei carabinieri a chiamare il vicario del vescovo, Nino Rivoli, annunciando una sua visita per il caso Rugolo.
Il colonnello si sarebbe recato di sera e in borghese presso l’Episcopio di Enna. La Procura ha convocato il vescovo Gisana che, a sua volta, ha confermato la visita del colonnello che sarebbe andato a trovarlo per consigliare di cambiare avvocato. «Mi disse – ha affermato il vescovo – che era meglio che cambiassi avvocato perché quello che avevo scelto poteva essere finito dentro un’inchiesta per mafia».
Ci sono, poi, le vicende riguardanti le accuse di violenze. Nel corso dell’udienza i poliziotti chiamati a testimoniare hanno raccontato di foto e chat a sfondo sessuale sequestrati nei computer e in altri supporti informatici a don Giuseppe.
Dalle intercettazioni, sulle quali hanno riferito gli uomini della Polizia giudiziaria, emerge che tra i prelati della diocesi di Piazza Armerina fosse diffuso il timore che fossero in corso le intercettazioni. L’analisi dei dati informatici confermerebbe che il sacerdote intratteneva rapporti sessuali con giovani, anche dopo il suo trasferimento a Ferrara, nonché con giovani che erano stati suoi alunni in istituti scolastici di Enna.
Da una registrazione fatta dallo stesso imputato, nel corso di un incontro con il vescovo Gisana, emerge che sarebbe stato disponibile ad elargire somme di denaro per soddisfare tutte le esigenze di natura economica dell’imputato che veniva anche informato delle iniziative legali della vittima da parte della stessa diocesi.
Tra i file rinvenuti nei supporti informatici sequestrati sarebbe stata trovata la denuncia consegnata dalla vittima nelle mani del vescovo che, invece, doveva avere natura strettamente riservata. Nel corso dell’udienza è emerso che il vescovo Gisana era già stato informato prima della denuncia della parte offesa, delle presunte violenze sessuali di Rugolo a danno di altri giovani.